Dal lat. crist.
tumba, a sua volta dal gr.
tymbos 'sepolcro' (Nocentini s.v.
tomba). Per il signif.
1, bisogna tenere in conto che, fatta salva l'occ. di
Inf. 6.97,
tomba nella
Commedia indica in particolar modo sarcofagi di pietra, come quelli in cui scontano la pena gli eretici del sesto cerchio (§
1, [2] e [3]), e tombe a terra («terragne»), chiuse con lapidi di pietra decorate che, portando memoria dei defunti, ricordano ai vivi la loro caducità (§
1, [4]; sul tema cfr. Maldina,
Purgatorio XII, pp. 44-46, e la bibliografia ivi cit.). Proprio i canti del sesto cerchio, per indicare i sarcofagi degli eretici, presentano vocaboli diversi, che già Boccaccio elenca («"sepolcri", "avelli", "arche", "tombe", "monimenti"»), aggiungendo che «si dice "
tumba", quasi "
tumulus bombans", cioè "cosa rilevata che rimbombi"» (
Boccaccio, Esposizioni, a
Inf. 9.131; vd. anche
arca,
avello,
monimento,
sepolcro e
sepultura). A
Inf. 34.131 (§
1.1),
tomba è stato variamente glossato fin dal sec. XIV: 'luogo vuoto' intorno a Lucifero, da identificarsi con il pozzo del nono cerchio (Iacomo della Lana,
Ottimo e
Francesco da Buti); «caduta» (
Maramauro), forse a partire dalla radice del fr.
tomber ‘cadere’; o anche «infernus» (Benvenuto da Imola), con prob. allusione alla teoria secondo cui la caduta di Lucifero, descritta a
Inf. 34.121-126, avrebbe provocato la formazione del cono infernale piuttosto che del monte del Purgatorio (vd. almeno Forti,
Nascita dell’Inferno, pp. 255-260). A risolvere la questione semantica è Barbi (
«Burella» e «Cammino ascoso» e Id.,
Problemi, I, pp. 244-46). Secondo lo studioso, la
tomba di
Inf. 34.131, identificandosi con la «natural burella» (vd.
burella) e con il «loco vòto» dei vv. 98 e 125 (e non con il «cammin ascoso» del v. 133), vale ‘cavità naturale sotterranea priva di luce’, signif. che trova altre conferme nel Trecento sia in testi letterari che non letterari. Infatti, negli
Stat. Sen. del 1309-1310 (vol. 2, pp. 79-80), si registra più volte la dittologia «tomba o vero fossa», ad indicare un qualsiasi ambiente sotterraneo di proprietà privata; inoltre, nelle
Chiose Sfera (III, 61, p. 193) si afferma che gli uomini dell’Equatore possono sopravvivere alla forza del sole se «abitano sotto per le tombe»; o ancora in
Boccaccio, Decameron (III, 8, p. 238) e
Sacchetti, Trecentonovelle (190, p. 476)
tomba è utilizzato per indicare un buio sotterraneo, ad uso di «prigione», o una «fossa» nel pavimento, ad uso di latrina. Su
Inf. 19.7 (§
1.2), sono state formulate diverse interpretazioni, in buona parte dipendenti dalla glossa di
Francesco da Buti: «sommità et altezza» dello scoglio (cfr. ED s.v.
tomba). Pare tuttavia più economico pensare che il vocabolo, dato il contesto, indichi per metaf. la ‘fossa di una bolgia’ (a tal proposito vd. anche
fossa), esprimendo in tal modo l'idea della "sepoltura eterna" dei peccatori che la abitano (cfr. Benvenuto da Imola). Tale valore, inoltre, si sposa in pieno con la soluzione interpuntiva proposta da Barbi e adesso generalmente accettata, che isola con virgole il compl. «a la seguente tomba» rispetto alla forma perifrastica verbale «eravamo [[...]] montati» entro cui è inserito (cfr. Barbi,
Problemi, I, p. 241; per il compl. vd. anche
Inf. 29.7).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 29.04.2020.
Data ultima revisione: 30.06.2020.