Inf. 9.131: monumenti Laur.
Voce dotta dal
lat. monimentum (cfr. DEI s.v.
monimento; vd. anche
infra), nei secc. XIII-XIV il vocabolo è diffuso, talvolta con qualche ulteriore adattamento fonomorfologico in direzione volgare, soprattutto in testi letterari, in prosa e in poesia, originali e volgarizzati (cfr.
Corpus OVI).
Monimento in it. antico (Dante compreso) continua alcuni dei principali usi del lat.
monumentum/
monimentum (per le due forme vd.
infra), il cui signif. base, in connessione con la radice di
moneo, era quello di 'tutto ciò che serve a preservare e richiamare la memoria di qsa o qno' e, dunque, 'ricordo, memoria', 'struttura eretta in ricordo di un evento o di qno' o 'tomba, monumento funerario' (cfr. Ernout-Meillet s.v.
moneo e TLL s.v.
monumentum [
monimentum], § I). Infatti il vocabolo, che nei volgarizzamenti è traducente di parole come
monumentum,
tumulum e
sepulc(h)rum (cfr.
Corpus DiVo), ricorre soprattutto con il signif. generico di 'tomba' (per es.,
Brunetto Latini, Rettorica, p. 181: «Medea, che stava scapigliata tra' monimenti») o 'monumento funerario (decorato), gen. di un personaggio o di una famiglia illustre' (per es.,
Tristano Ricc., cap. 83, p. 176: «si fecie fare uno molto bello monimento»), e mostra una pressoché totale affinità semantica con
sepolcro (vd.; cfr. GDLI s.v.
monimento 2, §§ 1 e 2, e, per una maggiore doc.,
Corpus OVI). Nella
Commedia,
monimento ricorre una sola volta, nel signif. di 'monumento funerario' e, nello specifico, di 'sarcofago di pietra': infatti Dante se ne serve per indicare le tombe scoperchiate degli eretici, in
variatio, non solo con il già cit.
sepolcro, ma anche con
arca,
avello,
sepultura e
tomba (vd.).
Boccaccio, a
Inf. 9.131, afferma: «"monimento" per ciò che ammoniscono la mente de' riguardanti, recando loro a memoria la morte o il nome di colui che in esso è sepellito». Il vocabolo ricorre anche nel
Conv. (4.22.14 e 15), dove indica, in partic., la tomba di Cristo, in un passo in cui Dante fa esplicito rif. al Vangelo di Marco (qui viene utilizzato il lat.
monumentum:
Mc., 15, 46 e 16, 2-3, 5 e 8).
Varianti. A
Inf. 9.131, Laur presenta la var.
monumenti (anche a
Conv. 4.22.14, L
4 presenta la var.
monumento: cfr. Ageno,
Introduzione, p. 921). Dal punto di vista semantico,
monumento in it. antico è sovrapponibile a
monimento (cfr. GDLI s.v.
monumento, § 1, e, per una maggiore doc.,
Corpus OVI). Ciò, prob., è dovuto al fatto che le loro basi etimologiche lat.,
monumentum e
monimentum, sono due forme (presenti anche nel lat. cristiano) di un medesimo lessema, in cui
-u- alterna con
-i- davanti a suoni labiali, così come accade in
lacruma/
lacrima,
lubet/
libet ecc. (cfr. Morani,
Introduzione alla linguistica latina, pp. 148-151). Vale notare che, nel trattare
moneo e i suoi derivati, lo stesso Uguccione tenta di distinguere
monimentum, «per quod aliquid monemur et nobis reducitur ad memoriam», da
monumentum, «idest sepulcrum mortuorum», pur ammettendo, alla fine, che 'sepolcro' «et dicitur monumentum et monimentum» (Cecchini,
Uguccione, M 132, 2-4). Si osservi che in
Mon. 3.9.16, Dante, per indicare la tomba di Cristo, utilizza il lat.
monumentum (sul passo, vd.
sepolcro,
Nota).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 26.06.2020.
Data ultima revisione: 21.07.2020.