Dal lat. volg. *
mutiu(m) 'tagliato all'estremità', derivato dal lat.
mutilus 'mutilo' (vd. Nocentini s.v.). l'agg. è att. per la prima volta nel 1190 con il signif. fig. di 'privo di senno, incapace di intendere e di volere', nel
Contrasto di
Raimbaut de Vaqueiras (vd. TLIO s.v.
mozzo (1)). Dante utilizza il vocabolo soltanto nella
Commedia, sempre in rima aspra con
sozzo, e in tutte le cantiche, conferendo all'agg. nuove accezioni. A
Inf. 28.19 e 28.103,
mozzo vale 'amputato di una parte del corpo', rif. in partic. rispettivamente alle membra troncate dei seminatori di discordia dell'ottavo cerchio, e alle mani di Mosca dei Lamberti. A
Inf. 7.57, invece,
mozzo è rif. al
crine dei prodighi (cfr.
scemi a
Purg. 22.46): costoro, infatti, dopo il Giudizio finale, risorgeranno con i capelli tagliati; tale tonsura simboleggerà la rinuncia alle stesse «sostanze temporali» che i peccatori sperperarono (vd. Chiavacci Leonardi,
ad l.). In senso fig., a
Purg. 16.15, nell'ammonimento che Virgilio rivolge a Dante,
mozzo vale invece ‘allontanato violentamente’: il poeta, infatti, accecato dal fumo della terza cornice, deve prestare attenzione a non smarrirsi, separandosi dal suo maestro; vd. anche Benvenuto da Imola: «quasi dicat: cave ne ira violenta quoquo modo separet te a me, quia faciliter et cito posses perdere me, et tarde vel nunquam reinvenire». A
Par. 19.134, infine,
mozzo è rif., in un contesto fig., ai segni grafici (vd.
scrittura, 4) di quanto è scritto sul "libro della giustizia divina" circa Federico II re di Sicilia: le lettere (vd.
lettera, 1.1) di tale testo, infatti, devono essere abbreviate per dire molto in poco spazio; tantoché, secondo Parodi, per
lettere mozze è da intendere 'abbreviature stenografiche' (cfr.
ED). Gli antichi commentatori chiosano l'agg. generic. come 'troncato', 'separato' (vd.
Francesco da Buti); soltanto Benvenuto da Imola si sofferma maggiormente sul signif. di
lettere mozze, interpretando il sintagma come «scilicet, singulae pro partibus». I signif. danteschi di
mozzo permangono nella trad. letteraria successiva (vd. GDLI s.v.
mozzo (1)). Tutt'oggi, nell'italiano dell'uso, sono registrate accezioni di
mozzo, pure obsolete, che muovono da quelle della
Commedia (vd. GRADIT s.v.). Per
mozzo a
Purg. 16.15 è att. la var.
rimosso in Ham.
Rimosso è
lectio facilior: l'agg.
mozzo, infatti, nel signif. fig. meno immediato di ‘separato’, ‘diviso’, è stato quindi sostituito con il part. pass. di
rimuovere. Il verbo è presente nella
Commedia con il signif. di ‘allontanare’ (cfr.
ED s.v.).
Autore: Francesca Carnazzi.
Data redazione: 22.02.2024.
Data ultima revisione: 26.06.2024.