Dal lat.
battuere 'percuotere' (LEI s.v., 5, 344.1). Il verbo risulta att. per la prima volta nel
Patto Aleppo, antico doc. ven. del 1207-1208, con rif. alla lavorazione del metallo; ma conta altrettante precoci att. dagli inizi del sec. XIII, nell'accezione principale di 'colpire duramente e/o ripetutamente (con qsa)' (cfr.
TLIO s.v.). Tale valore emerge in tutta l'opera dantesca e, in partic., nel poema in due contesti infernali (§
1), con rif. ai colpi inferti ai dannati ora da Caronte col suo remo (
Inf. 3.111), ora dai demoni cornuti armati di
ferza (vd.,
Inf. 18.36). In partic. a
Inf. 16.24 il signif. di 'percuotere' ben si addice all'immagine dei campioni «nudi e unti» (v. 22; vd.
campione, §
2), ossia i lottatori o pugili che si colpiscono tra loro «cum palmis vel pugnis» (Benvenuto da Imola,
ad l.). Diversamente,
Francesco da Buti associa il verbo all'ausilio di un'arma, ossia «le palle del piombo, che pendeano da una correggia che portavano in mano, per percuotere et avvinghiare l'uno l'altro», e più di recente Malato, (
ad l.), secondo cui il passo «insinua che lo scontro sia non a mani nude ma armati». Boccaccio coglie invece un senso trasl. («non interviene alcuna battitura o puntura corporale; ma mentale»). Ha differenti sfumature estens. il
battere a
Par. 9.45, rif. ai soprusi tirannici subiti dal popolo della Marca Trivigiana, sebbene alcuni esegeti, sin dai più antichi, alludano ai castighi di Dio (cfr. per es.
Francesco da Buti e Chiavacci Leonardi); e con connotazione più specif. religiosa, il
battere d'ascendenza biblica (2 Macc. 9,5) di
Purg. 14.151, per indicare la punizione divina. Si distinguono i valori rifl. intrans. e trans., rif. ai gesti del percuotersi (§
1.3, vd.
sotto). Con usi trans. (§§
3,
3.1), il verbo ricorre in rif. alle onde del mare che bagnano l'isola del Purgatorio (
Purg. 1.101) e alla pioggia infernale che cade dall'alto sui golosi, tormentandoli (
Inf. 11.71). Si individuano partic. accezioni tecniche del verbo, anche in contesti metaf. In senso propr., al §
4.1, il verbo indica l'operazione monetaria del coniare (
Inf. 30.89), già del lat. e del volg. (cfr. MLW s.v.
batto, 1,4.1396.12-15;
TLIO s.v., § 1.5;
Corpus OVI, in partic.
Pieri, Croniche, 27.5: «battere il Fiorino»). Più generic., a
Par. 24.102, si fa rif. alla lavorazione del ferro sull'incudine per rappresentare i limiti della natura rispetto ai miracoli. Al §
5 è tecnicismo agricolo, in uso nelle lingue romanze e nel mediolat. (cfr. DELI 2 s.v.;
TLIO s.v., § 2; FEW s.v.
battuere, 1, 294a; MLW s.v., 1,4.1395.53), rif. all'operazione di battitura del grano sull'aia. Dante lo impiega in una lunga metaf., a
Par. 13.36, per alludere alla risoluzione del secondo dubbio da parte di san Tommaso, come spiega Landino «chome non si trahe el seme della pagla, cioè della spiga, se non si trita bene, chosì non si trahe el vero ascoso tra molti falsi se con sonma diligentia non si batte et scuote». Testimoniano ulteriori signif. le occ. del
Detto 168 con 'sconfiggere' e delle
Rime d. 4.2, dove «che non batte vena» indica l'assenza di pulsazioni vitali.
Locuz. e fras. Assai ampio l'uso fras. di
battere. L'espressione con valenza intrans. pron.
battersi a palme di
Inf. 9.50, att. in testi pressoché coevi al poema (cfr. TLIO s.v.
palma 2, § 1.3) e anche successivi e non tosc. (Landulfo di Lamberto, ante 1399, nap.:
bactiti a palme il pecto, cfr. Coluccia,
Un rimatore, p. 212, v. 65), ricalca il sintagma lat.
percuotere sibi palmas (o
sibi manus percuotere), che era atto usuale per il compianto dei defunti (cfr. Barbi,
Problemi, I, p. 267; Malato e Ferretti Cuomo,
ad l.). I sintagmi con ogg. diretto
battersi l'anca (vd.,
Inf. 24.7),
battersi la zucca (vd.,
Inf. 18.124) e
battersi il petto (
Purg. 7.106) indicano gesti che riflettono diversi stati d'animo: le prime due risultano att. per la prima volta in Dante, la terza ha già precedenti due-trecenteschi (cfr.
Corpus OVI). Se
batter l'ali inteso come movimento ritmico propr. dei volatili è ben doc. nell'it. antico dal Duecento (
Proverbia que dicuntur, pag. 554: «Lo gavinelo en le aire bate le ale al vento»; cfr.
Corpus OVI), è dantesco l'uso fras. per 'volare' (così in
Fiore 6.1; cfr.
TLIO s.v., § 1.1.2) nei sensi trasl. di 'diffondersi' a
Inf. 26.2, rif. alla fama di Firenze, con richiamo alla Fama alata di Virgilio,
Aen. IV 180, e di 'precipitare' a
Par. 11.3. Per
battere le calcagne vd.
calcagno (s.v.).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 09.11.2023.