Dal lat. tardo
molinus (DELI 2 s.v.
mulino). Il termine è att. in volg. già dalla prima metà del sec. XIII con un'alternanza, anche nel fior., della vocale protonica
o/u (vd.
TLIO s.v.). Sulla scorta di Triv, l'ed. Petrocchi opta per la lez.
molino (cfr. anche Id.,
Introduzione, p. 433), sempre apocopata nei due passi danteschi. Il rif. a tale macchina, in entrambi i casi funzionale alla costruzione di vivide analogie, arricchisce la serie delle metafore meccaniche impiegate nel poema (vd. per es.
maciulla,
mola,
oriuolo,
rubecchio ecc.). Nel XXXIV canto, in partic., è assimilata a un «molin che 'l vento gira» la visione – ancora non nitida – di Lucifero con le sue enormi ali: un'immagine che il poeta fonda sulla recentissima innovazione tecnica dei mulini a pale alimentate dal vento (cfr. Manni,
Il canto di Lucifero, p. 116 e bibliografia ivi indicata). Richiama invece un «molin terragno» (cioè posto sulla terraferma) e alimentato ad acqua il paragone istituito a 23.47, che assimila il rapido e impetuoso fluire della corrente nella
doccia (vd.) di tale macchina alla pronta discesa di Virgilio oltre l'argine della bolgia. Così Benvenuto da Imola: «hoc dicit signanter quia in molendino terrestri aqua cadens ab alto in bassum per locum angustum currit velocius quam aqua molendini positi in aqua magna» (
ad l.).
Locuz. e fras. L'espressione
molin terragno, doc. nel poema per la prima volta, conta nella doc. antica successiva scarse occ., per lo più limitate all'esegesi del poema (vd. TLIO s.v.
mulino, §
1.4). Nel
Centiloquio di Antonio Pucci, tuttavia, essa si rileva nella variante
molin terragnolo («Veggendo i Fiorentin, che pe' dificj / delle pescaie, e de' mulin terragnoli...» ivi, c. 84, terz. 57, 4, p. 105). Vd. anche quanto detto s.v.
terragno.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 24.06.2022.
Data ultima revisione: 12.07.2022.