Germanismo indiretto entrato «attraverso il
galloromanzo, cfr. fr. a.
bersail m. ‘meta delle frecce, bersaglio’ (1190ca. – Stoer 1628, FEW 15/1, 116a) e
berser ‘andare a caccia; tirare con l’arco (a caccia o in guerra)’ (ca. 1130-1530, ib.)» (LEI,
Germanismi s.v.
*birson, 1, 845.14-18; cfr. anche Cella,
I gallicismi, pp. 339-340). Alla luce dell’etimo, la presenza di
z dopo
r (che dopo Dante si riscontra più volte nel Trecento, per es. in
Boccaccio, Teseida, L. 1, ott. 94.1: cfr.
Corpus OVI) appare di origine non fior., ed è da confrontare con il sost.
berze (dal germ.
versen) di
Inf. 18.37, in cui l’affricata è garantita dalla rima con
terze (vd.
berza). Per la pronuncia [rts] del nesso
rs, che esclude anche oggi Firenze e ha ampi riscontri in area italiana, compresa la stessa Toscana, cfr. Salvioni,
Fonetica, § 297; Rohlfs, § 267 e Castellani,
Zeta per esse. D’altra parte,
berzaglio è ritenuto «nome viniziano» dall’
Ottimo, e le prime att. sono in effetti sett., nelle forme però
brexallo (
Tomaso da Faenza: cfr. TLIO s.v.
bersaglio) e
bersagi,
bersaio (
Stat. venez., c. 1318, G, p. 92.7, 9, 11: cfr.
Corpus OVI). Quanto alla semantica, i commentatori interpretano il sost. non come ‘segno verso cui si mira’ ma, per sineddoche, ‘luogo in cui ci si addestra al tiro’ e quindi anche ‘combattimento’ (cfr. TLIO s.v.): così Iacomo della Lana «Berzaglio. Si è quello logo dove se exercita quî che imparano a balestrare» e
Francesco da Buti «a tal berzaglio; cioè a tale mischia e battaglia». L’
Ottimo, pur annotando che il sost. indica il «luogo [[...]] dove si pruovano di saettare li uomini», chiosa
berzaglio con «segno» e chiarisce il contesto fig. in cui compare: «che Iddio è il tesoro dell'anima, del quale ogni scrittura tratta; e perciò ti conviene dire chi ti dirizzò l'arco, cioè lo 'ntelletto, a questo bersaglio, cioè segno».
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 05.06.2017.
Data ultima revisione: 09.05.2018.