Vocabolario Dantesco

Accademia della Crusca - CNR Opera del Vocabolario Italiano

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moneta s.f.
Frequenza:
Commedia 6 (1 Inf., 2 Purg., 3 Par.).
Altre opere1 (1 Conv.).
1 (1 Fiore).
Lista forme e index locorum:
Commedia moneta Inf. 19.98 (:), Purg. 6.146, 11.125, Par. 19.119 (:), 24.84, 29.126.
Altre opere moneta Conv. 3.11.10.
moneta Fiore 173.14 (:).
Locuz. e fras.: Mal tolta moneta 1.2, moneta senza conio 1.1, rendere moneta 1.1.1.
Corrispondenze: Testi italiani antichi:
Corpus OVI,
DiVo,
LirIO,
Prosa fior. sec. XIII,
Petrarca e Boccaccio.
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Nota:Già Isidoro di Siviglia riporta per moneta elementi utili per il signif. principale del lemma dantesco (§ 1): «moneta appellata est quia monet ne qua fraus in metallo vel in pondere fiat» e, poco dopo, parlando del nomisma, «in nomismate tria quaeruntur: metallum, figura et pondus» (Isidoro, Etimol., XVI.18.8 e 12). Lega, conio e peso (vd. lega 1conio e peso e cfr. infra) concorrono dunque a definire moneta: come si coglie da molti dei contesti, l'alterazione di uno di questi elementi determina la perdita della sua validità, mentre il loro rispetto ne garantisce l'autenticità. Nella definizione di moneta, inoltre, sono intrinsecamente connessi la sua componente materiale, la sua ragione socio-/istituzionale e commerciale - come ben attestano i commentatori mediev. dell'Aristotele latino e dell'Etica Nicomachea (vd. Bisson, Moneta e Evangelisti, Il quadrato) - e il suo stesso valore. Quest'ultimo, secondo gli storici economici, è distinguibile in: "prezzo" (valore di una moneta reale espresso in monete di conto, utile per comparare tra loro monete coniate con metalli diversi), "valore intrinseco" (valore del metallo utilizzato nella produzione di una moneta) e "valore reale" (potere d'acquisto), come ben riassumono Artale, «Dal fiorin d'oro d'amore», pp. 33-34 e Goldthwaite, L'economia, in partic. pp. 829-835. Tali concetti sono utili a comprendere Purg. 6.146, in cui Dante allude prob. alla decisione del Comune di Firenze di diminuire la quantità di metallo prezioso nelle monete argentee, senza mai svilire il fiorino d'oro, il quale a sua volta aumentò sensibilmente di prezzo rispetto alle monete argentee (vd. fiorino e cfr. Carpi, La nobiltà, pp. 224-225 e 306; Alonzo, Numismatica, pp. 88-89; per il concetto di moneta in Dante e nel Medioevo, vd. anche Garrani, Il pensiero). Significativo il contesto di Par. 24.83-87: con una sorvegliata scelta che attinge, con molta originalità, anche a modelli biblici (su tutti, l'episodio di san Pietro e il tributo, o la parabola dei talenti), il poeta ricorre, in contesto fig., all'ampio repertorio lessicale scaturito da moneta («lega», «peso», «borsa», «lucida», «tonda», «conio»), termine con cui san Pietro allude alla virtù della Fede; vengono così individuati tutti gli elementi per cui la «moneta» della Fede di Dante può essere dichiarata autentica (cfr., con relativa bibliografia, Alonzo cit., e in partic. pp. 98-100; Bambeck, Münze und Glaube; Klettke, Il vaglio, e in partic. pp. 163-167). Il lemma moneta è att. anche nel Conv. e nel Fiore con i signif. 1.21.1. Nella Commedia è att. anche il derivato monetiere (vd.).
Locuz. e fras. Par. 29.126 (§ 1.1.), Dante impiega l'espressione moneta senza conio (ripresa poi da Boccaccio, Decameron, VI, 10, p. 434), prob. sul calco di sintagmi come cattiva/falsa/mala/rea moneta ecc. e in antonimia con moneta coniata (cfr. GDLI s.v. moneta § 3; TLIO s.v. coniato e Mosti, Un quaderno di spese s.v. moneta), ma con l'originale sostituzione dei diversi agg. con il complemento senza conio, che sottolinea la manifesta assenza di valore di una moneta, in quanto priva delle effigi che le dovrebbero conferire corso legale (per alcune possibili fonti, vd. Alonzo cit., pp. 97-98). Tale moneta si riferirebbe, in contesto fig., alle indulgenze di valore nullo promesse dai frati di sant'Antonio (cfr. ED s.v. Antonio, santo), come già interpreta Iacomo Della Lana. Sempre rifacendosi all'àmbito commerciale o, ancor meglio, creditizio, Dante sfrutta l'espressione rendere moneta (§ 1.1.1), che nella prima metà del Trecento è att. in volgarizzamenti (ad es., Filippo da Santa Croce, Deca prima di Tito Livio, L. 2, cap. 27 e L. 5 cap. 35, in trad. del lat. «in creditores a debitoribus verterant» e «pecuniae solverentur») o in testi statutari (cfr. Corpus OVICorpus DiVo). In essi è chiara l'idea del 'restituire una somma di denaro prestata', che tuttavia Dante risemantizza in àmbito morale (cfr. il successivo «a sodisfar» e Purg. 10.108: vd. debito e sodisfare), con il senso fig. di 'scontare la giusta pena' (cfr. anche Francesco da Buti, a Purg. 11.125). Infine, a Inf. 19.98 (§ 1.2), Dante, rivolgendosi a Papa Niccolò III, utilizza l'espressione mal tolta moneta (vd. anche tolto), che pare richiamare i lemmi tolletta (vd.) e maltolletto (vd.) e di cui si rintraccia una somiglianza con i «mal tolti tesori» di Boccaccio, Filocolo, L. 5, cap. 27, p. 585. Rimane incerto però se la parola moneta indichi specificamente il denaro con cui, secondo ciò che riporta anche Giovanni Villani (ed. Porta), L. 8, cap. 57, Giovanni da Procida indusse segretamente il Papa a sostenerlo contro Carlo d'Angiò, o, più genericamente, le «possessioni», le «castella» e la «moneta», frutto di «palese simonia» (cfr. Giovanni Villani [ed. Porta], L. 8, cap. 54), cioè l'«avere» di Inf. 19.72, con cui il Papa poté opporsi al re angioino (cfr. ED e DBI s.v. Niccolò III).
1 Tondello di metallo puro o in lega, coniato da una Zecca su indicazione di un’autorità pubblica, che ne stabilisce il valore nominale sulla base del pregio e del peso dei metalli utilizzati e ne permette l'uso come strumento di scambio o di accumulo della ricchezza. Il suo stesso valore.
[1] Par. 19.119: Lì si vedrà il duol che sovra Senna / induce, falseggiando la moneta, / quel che morrà di colpo di cotenna.
[2] Purg. 6.146:  Quante volte, del tempo che rimembre, / legge, moneta, officio e costume / hai tu mutato, e rinovate membre!
[In contesto fig., con rif. alla virtù teologale della Fede]. 
[3] Par. 24.84: indi soggiunse: «Assai bene è trascorsa / d'esta moneta già la lega e 'l peso; / ma dimmi se tu l'hai ne la tua borsa». / Ond'io: «Sì ho, sì lucida e sì tonda, / che nel suo conio nulla m'inforsa».
1.1 Somma di denaro impiegata in operazioni di scambio commerciale o creditizie (estens.). [Con rif. al mercimonio delle indulgenze e al valore nullo di queste:] moneta senza conio: denaro che non ha corso legale, in quanto privo di effigi autorizzate (in contesto fig.).
[1] Par. 29.126: Di questo ingrassa il porco sant' Antonio, / e altri assai che sono ancor più porci, / pagando di moneta sanza conio.
1.1.1 [Con allusione alla restituzione del debito morale contratto in vita da un peccatore con Dio:] rendere (cotale) moneta: scontare la giusta pena (fig.).
[1] Purg. 11.125: Ito è così e va, sanza riposo, / poi che morì; cotal moneta rende / a sodisfar chi è di là troppo oso.
1.2 Insieme di ricchezze (estens.). Mal tolta moneta: ricchezze ottenute e accumulate in maniera illecita.
[1] Inf. 19.98: Però ti sta, ché tu sè ben punito; / e guarda ben la mal tolta moneta / ch'esser ti fece contra Carlo ardito.


Autore: Cristiano Lorenzi Biondi 08.05.2019 (ultima revisione: 22.07.2019).