melodia s.f.
Nota:Latinismo di origine
gr. (DELI 2 s.v.
melodia), composto di
μέλος 'successione di toni' e
ᾠδή 'canto'; il signif. propr. della matrice gr. sarebbe dunque quello di 'esecuzione vocale modulata su una scala musicale', laddove la voce in volg., per il tramite del lat., viene di fatto a coincidere perlopiù con il solo
μέλος, che già secondo la dottrina aristotelica (vd.
Poet. 1447b 25) rappresenta una delle tre componenti strutturali della
vox articulata e, dunque, di qualunque espressione artistica di natura verbale: nella prolazione come nel recitativo o nel canto il
μέλος è la componente puramente musicale (esso sostituisce
ἁρμονία nel passo succitato), sempre compresente alla dimensione verbale (
λόγος) e ritmica (
ῥυθμός). Nella
Commedia la forma, già ampiamente diffusa nel lat. mediev. e att. in volg. fin dalla fine del sec. XIII, si affianca al corradicale
melode (vd.). Difficile stabilire se in Dante prevalga l'accezione etimologica o quella banalizzata, anche dove il concetto è espressamente legato al canto (
Par. 14.32, ma anche 23.97), e la questione può essere a ben vedere oziosa (non si può pretendere da Dante una riflessione consapevole sulla specificità semantica dell'etimo gr., e l'uso di lat.
melos e
melodia in
De vulg. 2.8.5 lo dimostra), ma uno spunto interessante potrebbe essere offerto dalla locuz.
circulata melodia di
Par. 23.109: se a
circulata si conferisce il valore predicativo di 'che era girata attorno alla Vergine' (cfr. v. 96), la
melodia verrebbe di fatto a coincidere con il «sonar di quella lira» di v. 100; tuttavia, l'ED s.v.
melodia avanza fermamente l'ipotesi secondo cui per
circulata melodia si intenderebbe quello che nel Medioevo aveva nome di
rota, vale a dire «un canone infinito circolare, all'unisono, in cui tutte le voci entrano successivamente, a distanza prefissata, con la stessa melodia ripetuta da capo per un numero illimitato di volte», conferendo dunque alla locuz. lo statuto di vero e proprio tecnicismo musicale; in questo senso, il sigillarsi (v. 110) del canto alluderebbe alla chiusura ideale della 'ruota' sull'ultima voce in ordine di inserimento. Nei commentatori antichi si registra una pressoché totale sovrapponibilità fra
melodia,
sinfonia e
armonia (vd. Drusi,
Musica polifonica, p. 35), così come la tendenza condivisa a identificare la
melodia con il canto (in alcuni casi persino oltre il mero significante: secondo le
Chiose falso Boccaccio a
Purg. 29.22 essa è un
dolcie chanto, «e per questo chanto non vuole dire altro se none i libri e lle scritture ch'ànno fatto questi santi profeti e altri dottori di santa chiesa»).
Locuz. e fras. Per
circulata melodia vd.
supra.
1 [Mus.] Successione di toni di natura musicale.
[1] Purg. 29.22: E una melodia dolce correva / per l'aere luminoso; onde buon zelo / mi fé riprender l'ardimento d'Eva...
[2] Par. 14.32: Quell'uno e due e tre che sempre vive / e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno, / non circunscritto, e tutto circunscrive, / tre volte era cantato da ciascuno / di quelli spirti con tal melodia, / ch'ad ogne merto saria giusto muno.
[3] Par. 23.97: Qualunque melodia più dolce suona / qua giù e più a sé l'anima tira, / parrebbe nube che squarciata tona...
Autore: Nicolò Magnani 19.12.2023 (ultima revisione: 18.03.2024).