Prima att. (Vn 12.8).
Latinismo, dal
gr. harmonìa 'congiunzione' (DELI 2 s.v.
armonia), propr. gli strumenti o il risultato dell'atto del congiungere. La specializzazione in senso musicale è già ampiamente att. in gr. a partire da Eraclito, designando sempre fenomeni di accordo o comunque elementi musicali quantificabili in una relazione di reciproca corrispondenza, concordemente alla specificità etimologica del termine. Altrettanto antica sembra doversi ritenere l'applicazione alla teoria dei movimenti celesti, da attribuirsi alla dottrina pitagorica (cfr. Arist.
Cael. 290b) e che trova ampio spazio nel commento al ciceroniano
Somnium scipionis (
Rep. VI 9-29) di Macrobio, dove si parla di
caeli harmonia (I 5.15, 19.22),
harmonia caelestis (II 1.24) e
harmonia superum (II 17.16). Il celebre passo del
De re publica era ben noto nel Medioevo proprio grazie al commentario di Macrobio (cfr.
Ottimo, Pietro Alighieri e
Lancia, Chiose a
Par. 1.78), e la sua potenza suggestiva si ritrova nel
Paradiso nell'immagine che vede Dante voltarsi indietro al culmine del suo catasterismo e osservare dall'alto «l'aiuola che ci fa tanto feroci» (
Par. 22.151). Un primo depotenziamento semantico di
harmonìa a partire dall'accezione musicale è ravvisabile nell'uso che ne fa Aristotele per designare uno dei tre strumenti dell'imitazione poetica, ovvero la componente melodica, musicale del prodotto poetico (ma anche l'intonazione associata alla prolazione: il valore originario è ancora in parte sotteso al concetto di concatenazione di toni acuti e gravi). Di qui si passa gradualmente al valore generic. di 'melodia', 'musica' (per la storia semantica della parola in gr. e lat. vd. Luzzi,
Per la semantica di armonia, pp. 80-87), riscontrabile a
Par. 17.44 con rif. all'organo, oltre che a
Vn 12.8 che rappresenta la prima att. in volg. del termine. Se, da una parte, è quanto meno riduttivo ravvisare la medesima accezione generic. anche negli altri due passi paradisiaci (come si fa nell'ED), dall'altra non è necessario interpretare tali luoghi come riferimenti alla musica polifonica, dal momento che nemmeno gli antichi commentatori autorizzano una simile lettura (cfr. Drusi,
Musica polifonica, p. 35).
Autore: Nicolò Magnani.
Data redazione: 20.12.2024.
Data ultima revisione: 28.03.2025.