iaculo s.m.
Nota:Latinismo da
iaculus 'coluber jaculator', comunemente detto 'saettone' perché si lancia come un dardo dagli alberi sulla preda (DEI s.vv.
iacolo e
iaculo), è att. prima di Dante nei
Fatti di Cesare nella forma
giacolus, con l'affricata palatale sonora (cfr. TLIO s.v.
iaculo). Lo zoonimo è tratto da Lucano (
Phars. IX.720 «iaculique volucres»; vd.
anfisbena,
cencro,
chelidro,
farea), come precisano anche i principali lessici mediolatini, che descrivono l'origine del suo nome: Cecchini,
Uguccione I 4, 8: «Item hic iaculus -li, quidam serpens volatilis, a iaciendo, quia de arboribus se iacit super animalia et ea perimit, unde Lucanus (9, 720; 823); Isidoro,
Etimol., XII.4.29 «Iaculus serpens volans...». L'antecedente classico è ben rilevato dai commentatori antichi. Ad es.
Ottimo,
ad l.: «Jaculo è un serpente che vola, del quale dice Lucano: li giaculi, li quali assaliscono li uccelli in sulli arbori, e quando alcuno animale si fa loro dinanzi, lancia[n]si sopra lui e uccidollo, onde sono detti Jaculi, cioè lancianti»; Benvenuto da Imola, che indica più fonti: «Jaculus, ut dicit Plinius in naturali historia, est serpens alatus a jaculando dictus, qui in arboribus latens inficit fructus, et qui comederit eis moritur, et interficit quicquid obviat sibi. Unde Lucanus in VIIII narrat, quod quidam jaculus ex trunco arboris sterilis iniecit se in caput militis romani, cui nomen erat Aulus, et transfixit eum per utrumque tempus ad modum sagittae quae emittitur ab arcu». Oltre che in Dante e nei commenti al poema, il sost. è doc. nel
Lucano volg. (ed. Marinoni) (cfr.
TLIO s.v.), in
Fazio degli Uberti e nella
Sposiz. Pass. s. Matteo (cfr.
Corpus TLIO), e col senso principale di 'dardo' nel volg. dell'
Ars Amandi di Ovidio (cfr. ancora
TLIO s.v.).
Autore: Francesca De Cianni 21.12.2023 (ultima revisione: 30.09.2024).