dilaccare v.
Nota:Att. solo nella
Commedia e nei commentatori. Parasintetico di prob.
conio dantesco da
lacca 'anca, parte laterale della coscia di un quadrupede', insieme al pref.
di- con valore di allontanamento. Per
lacca, termine anatomico rif. a un animale, già att. nel lat. tardo (cfr. TLL s.v.
lacca 1; REW s.v.) e continuato nei dialetti settentr. con propaggini nel tosc. occ., cfr. DEI s.vv.
dilaccare e
lacca 2; Nieri, s.v.; Di Pretoro,
Innovazioni lessicali, p. 11; TLIO s.v.
lacca 3; Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 65 (per il diverso signif. assunto dal sost. nella
Commedia, con rif. alla conformazione del terreno, cfr.
lacca). La suddetta origine del verbo permette di unire le due sfere semantiche della lacerazione e della bestialità costitutive della descrizione del corpo di Maometto (cfr. Beltrami,
L'epica, p. 134-136; Stoppelli,
Inf. XXVIII, pp. 896-897; Milani,
Tra le «minugia», p. 170), arricchendo la serie dei termini connotati in senso fortemente realistico e volgare compresenti nel medesimo canto (
corata,
merda,
minugia,
musare,
sacco,
trangugiare vd.). La forma
dilacco di
Inf. 28.30 è posta in bocca a Maometto, in cui la cultura mediev. non vedeva il fondatore dell'Islam, ma un cristiano scismatico (cfr. ED s.v.
Maometto). Mentre gli occhi di Dante si attaccano sul corpo «storpiato» (v. 31), eviscerato e diviso «dal mento infin dove si trulla» (v. 24; vd.
trullare), il dannato, con il gesto delle mani che aprono con violenza il petto, si squarcia ancora più a fondo le membra. La forma verb., che
Francesco da Buti (
ad l.) glossa come «mi straccio et apro», trova spiegazione dettagliata in Vellutello: «Hora vedi, come io mi divido le lacche, che [in] lingua Romagnuola cosi sono domandate le due parti de l'huomo, che sono intorno al fondamento, che altramenti le domandiamo chiappe» (
ad l.). Altri commentatori (ad es.
Maramauro, Benvenuto da Imola) riconducono il verbo al signif. più generic. di 'dilacerare'. Da notare che
dilacco si trova in rima antonimica con
attacco (vd.
attaccare) e che la rima in -
acco ricorre anche nel canto dei golosi (
Inf. 6.50-54), puniti con un supplizio che «ne esalta lo stato animalesco» (Resconi,
Maometto personaggio, p. 249; cfr. anche Crescini,
Il canto XXVIII, p. 553 e ED s.v.
rima). Il
dilaccar(si) dantesco, che svela un certo grado di controllo del sogg. sull'azione espressa dal verbo, rientra nella categoria dei rifl. anticausativi (per cui vd.
Enciclopedia dell'italiano s.vv.
riflessivi, verbi § 2.7 e
transitivi e intransitivi, verbi, § 2.2.3). Il verbo presenta rare att. nella tradizione letteraria successiva alla
Commedia (vd. GDLI s.v.
dilaccare).
Autore: Valentina Iosco 12.02.2025 (ultima revisione: 22.07.2025).