Latinismo da
furia (DELI 2 s.v.
furia), in
Inf. 9.38 evidenziato anche dalla scansione trisillabica
furïe. Il sost. è rif. in
Inf. 9.38 alle greche Erinni (
Megera,
Tesifòn e
Aletto), poco oltre cit. come le
feroci Erine (v. 45). Per le interpretazioni del loro signif. e della loro funzione come guardie infernali vd. Padoan in ED s.v.
Furie e la nota integrativa di Chiavacci Leonardi
ad l. In
Inf. 30.22, con le
furie di Tebe e
troiane Dante si richiama ai due precedenti
exempla mitologici narrati in apertura del canto: in partic., il sost. si rif. al furore che sconvolse, a Tebe, Atamante (definito
insano al v. 4) e, a Troia, Ecuba (detta
forsennata al v. 20) e che purtuttavia non pareggia la rabbia violenta dei falsari puniti nell'ultima bolgia. Nella trad. esegetica,
furie è stato talvolta parafrasato con una personificazione 'persone furiose di Tebe o di Troia' (così già
Francesco da Buti), ma nei commenti oggi si propende per l'interpretazione del sost. come astratto ('furore' in Chiavacci Leonardi; cfr. anche Inglese
ad l.). Qui si accoglie quest'ultima accezione, propria già del sost. classico (cfr. TLL s.v.
furia, 6, 2, 1615.64) e più coerente con la costruzione sintattica del v. 25, in cui Dante afferma di vedere una furia ancor più crudele (di quella dei due miti precedenti)
in due ombre (dunque con compl. di luogo fig.) che sopraggiungono correndo per azzannare gli altri dannati (il loro 'comportamento furioso' è peraltro richiamato dal
va rabbioso del v. 33, rif. a Gianni Schicchi). Il tratto della 'smoderatezza' nel movimento si ritrova infine nell'occ. di
Purg. 18.92, in cui «la corsa degli accidiosi è paragonata, per l'impeto e l'affollamento, alle notturne corse orgiastiche dei tebani in onore di Bacco, loro patrono, lungo i due fiumi della Beozia» (Chiavacci Leonardi
ad l.).
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 23.12.2016.
Data ultima revisione: 10.05.2018.