Latinismo da
bubulca 'misura di terreno', femm. di
bubulcus/bufulcus 'bovaro' (LEI s.v. 7, 1087.40 – 1092.35), il sost. è
hapax nella
Commedia. Molti commentatori, fin dall'antichità (cfr. es.
Francesco da Buti), hanno inteso l’occ. dantesca
buone bobolce nel senso di '
buone coltivatrici' , signif. che tuttavia non presenta esempi né al masch. né al femm. in altri testi antichi. Il termine
bobolca, già interpretato da Parodi (
Lingua, p. 272) nel senso di 'terreno agricolo', è in uso nel lat. tardo e poi nel Trecento con il rif. preciso a un'unità di misura agricola (TLIO s.v.
bifolca (1)); con questa accezione il sost. si ritrova poi fino all’Ottocento nei dialetti settentr. (cfr. Inglese
ad l., nel senso stretto di 'biolche', «misura di superficie corrispondente al terreno arato in un giorno da un coppia di buoi»). In partic. Dante impiega il sost. per indicare generic. un terreno pronto per essere seminato, signif. che ben si adatta alla parabola del seminatore evocata nel passo, per cui un buon terreno rende abbondanza di raccolto (cfr. Chiavacci Leonardi
ad l.). La presenza dell'affricata finale (
-ce) è funzionale a esigenze di rima.
«una trivializzazione». Vd. anche ED. s.v.
.