Vocabolario Dantesco
serafo s.m.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia Serafi Par. 28.99.
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Att. solo nella Commedia e cit. nei commentatori. Deriva dal sing. ebr. śārāf (da śārāf ‘ardere’), attraverso il lat. saraph: vd. Mancini, L’esotismo, p. 55. Il prestito dall’ebr. è ben rappresentato nei testi lat. mediev., anche al nominativo (cfr. per es. Bonav., Commentaria, II, 9, 9: «Aliquando legitur Seraph, et tunc est singularis numeri et masculini generis et significat Angelum illius ordinis»), ed è ragionevole pensare che fosse accentato sull’ultima sillaba (seràf, da cui il plur. seràfi). D’altra parte, l’accento piano della parola che segue nel verso, Cherubi (in rima), «può indurci a pronunziare anche la prima come Seràfi» (Migliorini in ED, s.v. accentuazione): ne risulta un endecasillabo di settima, non raro nella Commedia, specie in contesti ritmati quali può ritenersi anche Par. 28.99 (cfr. Pirotti, L’endecasillabo dattilico, pp. 13-18; ma sull’accento di settima, non necessariamente associato a funzioni di “marcatura”, cfr. Baldelli in ED, s.v. endecasillabo e Menichetti, Metrica, p. 402). Vd. anche cherubo.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 22.03.2017.
Data ultima revisione: 08.05.2018.
1 [Relig.] Lo stesso che serafino.
[1] Par. 28.99: E quella che vedëa i pensier dubi / ne la mia mente, disse: «I cerchi primi / t'hanno mostrato Serafi e Cherubi.