Vocabolario Dantesco
vite s.f.
Commedia 2 (1 Purg., 1 Par.).
Altre opere1 (1 Conv.).
Commedia vite Purg. 25.78, Par. 24.111.
Altre opere vite Conv. 4.24.10.
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Dal lat. vite(m), termine che, connesso al verbo viere 'curvare', designava gen. una pianta rampicante e i relativi viticci, ma passò poi a indicare le diverse specie del genere Vitis e principalmente la Vitis vinifera (DELI 2 s.v.). In it. antico il vocabolo è att. già nel sec. XIII, sia in senso propr. (vd. Bonvesin, VolgariDisputatio mensium, vv. 69 e 171 e Disputatio musce cum formica, v. 207), sia in senso fig., spesso con rif. a fonti bibliche (vd. Bono Giamboni, Trattato, cap. 30, dove viene cit. la parabola evangelica della vite e dei tralci, Gv. 15, 1-8). Per tutto cfr. Corpus OVI. Già impiegato a Conv. 4.24.10, il sost. ricorre nella Commedia a Purg. 25.78 all'interno della complessa spiegazione medico-filosofica di Stazio sulle teorie della generazione umana. Per giustificare come le anime nell'aldilà, di per sé incorporee, possano subire gli effetti della fame e della sete, il poeta latino invita Dante a riflettere su come il calore solare, congiunto all'«omor che de la vite cola», produce il vino. In questo passo va sottolineato che il rif. al liquido della vite non indica il vino in sé, ma la linfa della pianta che, in potenza, possiede già le qualità necessarie per diventare vino se combinata all'azione del sole, e tale similitudine serve per illustrare l'operato di Dio, capace di convertire l'anima vegetativa del feto in anima sensitiva e poi razionale, come intendono anche i commentatori (vd. ad es. Francesco da Buti, ad l.). A Par. 24.111 il vocabolo occorre invece in contesto metaf., nel discorso tra Dante e San Pietro sulla veridicità delle Scritture e dei miracoli ivi narrati. Qui la vite, con richiamo a Is. 5.2-4 («expectavi ut faceret uvas, fecit autem spinas», vd. Fosca, ad l.) e alla parabola di Gv. 15.1-8, rappresenta la Chiesa delle origini, vista come una pianta fruttifera ora trasformatasi in uno sterile pruno (vd.), e proprio al contrasto tra fertilità e sterilità allude la maggior parte degli esegeti antichi (vd. Benvenuto da Imola, ad l.: «che fu già vite, idest, fructuosa, et ora è fatta pruno, idest, spinosa, sterilis et infructuosa»). Da notare, infine, che l'immagine della vite che si avvinghia all'olmo con i viticci è anche in Eg. 3.43, dove Giovanni del Virgilio attinge per questo rif. a numerose fonti classiche (vd. Petoletti, Egloge, p. 586).
Autore: Sara Ferrilli.
Data redazione: 22.04.2024.
Data ultima revisione: 23.03.2025.
1 [Bot.] Pianta perenne rampicante dal cui frutto, l'uva, si produce il vino.
[1] Purg. 25.78: E perché meno ammiri la parola, / guarda il calor del sol che si fa vino, / giunto a l'omor che de la vite cola.
[In contesto metaf.].||  Cfr. Nota.
[2] Par. 24.111: «Se 'l mondo si rivolse al cristianesmo», / diss' io, «sanza miracoli, quest' uno / è tal, che li altri non sono il centesmo: / ché tu intrasti povero e digiuno / in campo, a seminar la buona pianta / che fu già vite e ora è fatta pruno».