Da
vago (vd.) con aggiunta del suff. -
eggiare (DELI 2 s.v.
vago) oppure calco diretto dal
prov. vaguejar, che però rimane circoscritto entro il signif. di 'vagabondare', derivante dall'agg. lat.
vagus (cfr. FEW s.v.
vagare, 14.120;
Dom en ligne s.v.
vaguejar; Cella,
I gallicismi, p. 215). Il verbo
vagheggiare, che nella poesia cortese è rif. all'amore umano per eccellenza, nella
Commedia esprime un amoroso anelito verso qno o qsa, ma con diverse sfumature di signif. Nelle occ. di
Purg. 16.85 e
Par. 26.83 il verbo, rif. a elementi del creato o al Creatore stesso, descrive rispettivamente l'amore immenso con cui Dio contempla ogni anima prima ancora di crearla e quello con cui la prima anima mai creata, ossia quella di Adamo, contempla il suo fattore. A
Par. 8.12 il verbo
vagheggiare e le espressioni avv.
da coppa e
da ciglio assumono invece, con valore fig., una specif. accezione astronomica, in linea con la consuetudine, tipica della mitologia classica e della stessa
Commedia, di umanizzare gli astri e i fenomeni celesti (cfr. Chiavacci Leonardi
ad l.). Le due espressioni sono infatti rif. ai due momenti della giornata, ossia l'alba e il tramonto, nei quali Venere è visibile in cielo. Al mattino, quando il Sole non è ancora sorto, Venere-Lucifero gli dà le spalle e lo "contempla" avendolo dietro di sé (
da coppa); alla sera, invece, quando il Sole tramonta, Venere-Espero gli mostra il proprio volto e lo "contempla" avendolo di fronte a sé (
da ciglio). Per la spiegazione del fenomeno celeste, presente anche nel
Convivio, cfr. Pietro Alighieri (red. I) e Chiavacci Leonardi
ad l. Una parte dell'esegesi antica e moderna (ad es. Benvenuto da Imola e Chiavacci Leonardi
ad l.) intende invece il Sole come sogg. della frase; così sostiene anche Pecoraro,
Per la retta interpretazione (e, sulla sua scorta, Petrocchi
ad l.), che ricorda come, secondo il mito, Venere fu tradita da Sole e dunque è implausibile che sia lei a guardarlo amorosamente in cielo. Tuttavia, l'interpretazione che qui si sostiene trova riscontro in un passo del
Tresor di Brunetto Latini (
Tresor I, 110.7: «Venus [...] ensit tozjors le soleil»), cit. da Inglese (ed. e comm.)
ad l., nonché nell'att. di
vagheggiare in
Restoro d'Arezzo, dove ancora una volta viene umanizzato l'epiciclo di Venere (libro I, cap. 18, p. 28: «è posta una stella sola, grossa, chiarissima, lucente, la quale è chiamata Venere [...]; e vegonse li suoi raggi quasi scintillare e guaghegiare [...]; e pare la più grossa stella che sia da inde en sù, fore del sole, e acompagna e va tuttavia quasi collo sole, e quando li va denanti e quando deretro»); cfr.
Corpus OVI. Infine, nelle due occ. di
Par. 10 la contemplazione amorosa è funzionale a una speculazione dottrinale, rispettivamente a quella del lettore invitato da Dante a indagare insieme a lui le più alte sfere celesti (
Par. 10.10; qui il verbo è intrans.) e a quella della corona di spiriti sapienti che osservano Beatrice (
Par. 10.92), emblema della teologia. Per tutto cfr. anche
contemplare ed
ED s.v.
Autore: Francesca Spinelli.
Data redazione: 27.09.2024.
Data ultima revisione: 27.03.2025.