Vocabolario Dantesco
roffia s.f.
Commedia 1 (1 Par.).
Commedia roffia Par. 28.82 (:).
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Dal longob. *hruf 'crosta, forfora', con riscontri anche nel fr. antico roife e continuatori in area dialettale settentr. (Nocentini s.v. roffia; Parodi, Lingua, p. 283; Viel, I gallicismi, p. 288). Prima di Dante la voce è att. negli Stat. sen., 1301-1303 come tecnicismo della conciatura delle pelli nel senso di 'scarto di lavorazione', signif. che trova ulteriore conferma in doc. fior. del secondo Trecento (cfr. Corpus OVI). Da questo uso primitivo, ben doc. in area tosc., deriva l'accezione dantesca, di origine traslata, variamente interpretata nella trad. ma comunque riconducibile alla nozione di ‘scarto’, ‘residuo’, ‘impurità’. Per gli antichi commentatori la roffia è un'«oscurità di vapori umidi, spissati e condensi insieme» (Francesco da Buti ad l.; ma già Iacomo della Lana: «tenebria e nuvela»). Parte della critica moderna, rifacendosi al fr. antico roife ('forfora', 'crosta', 'desquamazione della lebbra'), interpreta invece come «lebbra del cielo che spazza il maestrale» (Contini, Un'idea, pp. 201-203; cfr. inoltre Torraca e Chiavacci Leonardi ad l.). Per ulteriori ipotesi sull'accezione della Commedia cfr. Lombardi e Scartazzini-Vandelli ad l. Si segnala, infine, che nella Commedia la voce ricorre nella rima, unica in tutto il poema, in -offia (con soffia e paroffia, con la quale forma anche una rima inclusiva).
Autore: Francesca Spinelli.
Data redazione: 13.07.2022.
Data ultima revisione: 13.07.2022.
1 Nebulosità, scoria (del cielo) (fig.). ||  Propr. [Pell.] Scarto della conciatura delle pelli.
[1] Par. 28.82: Borea da quella guancia ond' è più leno, / per che si purga e risolve la roffia / che pria turbava, sì che 'l ciel ne ride ...