Vocabolario Dantesco
pertugio s.m.
Commedia 5 (3 Inf., 1 Purg., 1 Par.).
Commedia pertugio Inf. 24.93, 33.22, 34.138, Purg. 18.111 (:), Par. 20.23 (:).
Vocabolari: Crusca in rete, ED.
Deverbale da pertugiare (vd.). Il vocabolo, in it. antico (in cui è ben diffuso), condivide molti tratti semantici con fóro e forame (vd.), ma si distingue da essi per essere sempre riferito a qualcosa di stretto, angusto e talvolta irregolare. Al signif. 1 sono ricondotte tutte quelle occ. in cui il pertugio costituisce un punto di passaggio o un collegamento da un interno a un esterno. Come accade anche in altre voci semanticamente affini (vd., per es., buca), per il signif. 1 rimane difficile distinguere quando il pertugio indichi uno 'spazio vuoto entro un corpo solido, dotato di aperture' o 'la sola sua apertura utile'. Inoltre, i materiali solidi in cui si sviluppa un pertugio possono essere vari, e in Dante vale isolare, senza tuttavia creare delle vere e proprie definizioni, quelli che già in it. antico ricorrono con una particolare frequenza, come le mura di un edificio, i cui pertugi permettono di vedere da parte a parte (Inf. 33.22; vd. anche forame e cfr., per es., Boccaccio, Decameron, VII, 5, p. 465, in Corpus OVI), o quelli che possono avere una minima valenza tecnica, come il legno di uno strumento musicale a fiato, i cui pertugi permettono il passaggio dell'aria (Par. 20.23). Quest'ultimo uso si rintraccia in it. antico anche per la voce foro (cfr. TLIO s.v. fóro 1) e, nel caso dantesco, sebbene i commenti non siano del tutto concordi («foro d'uscita» della canna della zampogna, secondo Chiavacci Leonardi; «imboccatura della stessa», secondo Inglese), pertugio sembrerebbe alludere con maggior probabilità ai fori d'uscita dell'aria della sampogna, destinati alla modulazione della melodia principale o ai suoni di bordone (cfr. Monterosso in ED s.v. sampogna; vd. anche bordone 2 e sampogna). Il signif. 1.1, cioè 'cavità nel terreno' (che non permette un passaggio da parte a parte), si origina per estens. dal signif. 1. Visto il contesto d'uso di tale accezione (Inf. 24.93, bolgia dei ladri e, quindi, dei serpenti), è utile osservare che pertugio in it. antico è parola utilizzata per indicare le 'cavità (nella terra o nella roccia) in cui si nascondono, si riparano o stanno gli animali', serpenti compresi (per es., Bestiario Tesoro volg., cap. 73, p. 328: «Lo cerbio ne vae alo pertuso dove lo serpente dimora», ma cfr. Corpus OVI). Peculiarità tutta dantesca è utilizzare tale vocabolo con rif. ai dannati inseguiti dai serpenti (e non agli animali) e come ogg. del verbo sperare, ad indicare dunque, con prob. allusione a una tana, una 'cavità che può offrire rifugio'.
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 02.10.2019.
Data ultima revisione: 12.05.2020.
1 Spazio vuoto stretto, angusto e talvolta irregolare entro una materia solida, dotato di una o due aperture in modo da permettere un collegamento con l'esterno o un passaggio da parte a parte; anche la sola apertura utile di esso.
[1] Inf. 34.138: Lo duca e io per quel cammino ascoso / intrammo a ritornar nel chiaro mondo; / e sanza cura aver d'alcun riposo, / salimmo su, el primo e io secondo, / tanto ch'i' vidi de le cose belle / che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
[2] Purg. 18.111: «O gente in cui fervore aguto adesso / ricompie forse negligenza e indugio / da voi per tepidezza in ben far messo, / questi che vive, e certo i' non vi bugio, / vuole andar su, pur che 'l sol ne riluca; / però ne dite ond' è presso il pertugio».
[Detto di una fessura o di una feritoia in un muro].
[3] Inf. 33.22: Breve pertugio dentro da la Muda, / la qual per me ha 'l titol de la fame, / e che conviene ancor ch'altrui si chiuda, / m'avea mostrato per lo suo forame / più lune già, quand' io feci 'l mal sonno / che del futuro mi squarciò 'l velame.
[In uno strumento musicale a fiato, detto di un foro per il quale passa l'aria].
[4] Par. 20.23: E come suono al collo de la cetra / prende sua forma, e sì com' al pertugio / de la sampogna vento che penètra, / così, rimosso d'aspettare indugio, / quel mormorar de l'aguglia salissi / su per lo collo, come fosse bugio. / Fecesi voce quivi, e quindi uscissi / per lo suo becco in forma di parole, / quali aspettava il core ov' io le scrissi.
1.1 [Con prob. allusione a una tana:] cavità angusta nel terreno che può offrire rifugio in caso di pericolo (estens.).
[1] Inf. 24.93: Tra questa cruda e tristissima copia / corrëan genti nude e spaventate, / sanza sperar pertugio o elitropia...