Vocabolario Dantesco
forame s.m.
Commedia 2 (2 Inf.).
Commedia forame Inf. 27.13 (:), 33.25 (:).
Dal lat. foramen (Nocentini s.v. forare). Il vocabolo, in it. antico (in cui trova un buon numero di att.), presenta usi e signif. distribuiti in maniera assai simile a quelli e di pertugio e soprattutto di fóro (vd.), con cui pare condividere il signif. principale (cfr. anche TLIO s.vv. forame e fóro 1), che tuttavia non è mai att. nella Commedia. Infatti il vocabolo ricorre in Inf. 33.25 ad indicare il solo 'spazio vuoto' di una fessura o di una feritoia nelle mura di una costruzione, il pertugio (vd.) rammentato a Inf. 32.22, spazio che, essendo privo di ostacoli, permette di vedere da parte a parte (§ 1); in tale passaggio semantico, tra l'altro, forame, sembrerebbe perdere il tratto della rotondità che generalmente in it. antico lo caratterizza in molte sue accezioni. A Inf. 27.13 (§ 2), invece Dante pare sovrapporre due usi di forame: se, da un lato, esso pare indicare l''apertura tramite cui qualcosa può uscire', come accade alla fine di un condotto (derivando questa accezione dal signif. di 'spazio che permette il passaggio di qualcosa'), dall'altro è utile osservare che il vocabolo è utilizzato nella descrizione del formarsi delle parole dei consiglieri fraudolenti, puniti in un contrappasso 'metaforico' per cui la lingua di fuoco in cui scontano la loro pena è specchio della lingua che hanno utilizzato a fin di male in vita. Tale metaf., prob. si ripropone anche nell'uso della parola forame, che, come foropertugio (cfr. TLIO s.v. fóro 1 e il «p(er)tuzo del gosso» in Trattati di Albertano volg., De amore, L. IV, cap. 11, p. 357), in it. antico veniva utilizzata anche per indicare gli orifizi del corpo umano e, nella fattispecie, la bocca, apertura tramite cui escono le parole (cfr., per es., Questioni filosofiche in TLIO s.v. forame). Così, infatti, Chiavacci Leonardi chiosa il passo: «poiché non avevano un canale d'uscita (attraverso la fiamma) né un foro, un'apertura al sommo (come nell'uomo le corde vocali e la bocca)».
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 13.05.2019.
Data ultima revisione: 12.05.2020.
1 Spazio vuoto di ridotte dimensioni (di una fessura o di una feritoia in un muro) tramite cui si può vedere da parte a parte (estens.). ||  Propr.: lo stesso che fóro.
[1] Inf. 33.25: Breve pertugio dentro da la Muda, / la qual per me ha 'l titol de la fame, / e che conviene ancor ch'altrui si chiuda, / m'avea mostrato per lo suo forame / più lune già, quand' io feci 'l mal sonno / che del futuro mi squarciò 'l velame.
2 [Prob., per assimilazione con la bocca umana come apertura tramite cui escono le parole:] spazio stretto, posto all'estremità di un condotto di vario tipo, che consente l'uscita (di qsa).
[1] Inf. 27.13: Come 'l bue cicilian che mugghiò prima / col pianto di colui, e ciò fu dritto, / che l'avea temperato con sua lima, / mugghiava con la voce de l'afflitto, / sì che, con tutto che fosse di rame, / pur el pareva dal dolor trafitto; / così, per non aver via né forame / dal principio nel foco, in suo linguaggio / si convertïan le parole grame.