Voce familiare e del primo linguaggio infantile att. (come antrop.) fin dal 1138 (GDT s.v.). Secondo
De Vulg. 2.7.4, fa parte con
babbo (vd.) dei «puerilia» da evitare nello stile sublime «propter sui simplicitatem». Entrambi i sost. si ritrovano però nella
Commedia, nel cui plurilinguismo sono inclusi «inserti ancora più audaci di linguaggio infantile» (Manni,
Dante, p. 111 nota 1): vd. anche
pappo,
dindi.
Mamma è att. in tutte e tre le cantiche: in
Inf. 32.9, la
lingua che chiami mamma o babbo è una «una lingua infantile, che conosce solo vocaboli elementari, quindi carente di quella ricchezza lessicale che la vastità dell’argomento e le difficoltà espressive che esse comportano inevitabilmente richiedono» (Peirone,
Parole, p. 45); prima di Dante, il sost. ricorre già nella
Santà del corpo di Zucchero Bencivenni (volgarizzamento del
Régime du corps di Aldobrandino da Siena, a. 1310) fra gli esempi di vocaboli elementari pronunciati dai bambini: vd. TLIO s.v.
mamma. Come in
Inf. 32.9, anche in
Purg. 21.97
mamma compare in contesto metapoetico (cfr. Tavoni a
De Vulg. 2.7.4): Stazio definisce infatti
mamma e
nutrice (vd.), in senso fig., l’
Eneide, suo modello e fonte di ispirazione. In questo luogo alcuni commentatori (
Francesco da Buti) intendono
mamma per 'mammella' (cfr. TLIO s.v.); registra entrambe le possibilità Benvenuto da Imola «
mamma, idest, mamilla dulcis, vel
mamma, idest, mater, propinans mihi primum lac poetriae». Per i riscontri di
mamma e del «molto più raro»
babbo (vd.) nei testi del
Corpus OVI vd. Tavoni
ibid.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 10.10.2017.
Data ultima revisione: 16.05.2018.