Vocabolario Dantesco
pappo s.m.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia pappo Purg. 11.105.
Prima att. Pappo, insieme a dindi (vd.), è una delle due «deformazioni onomatopeiche utilizzate nella perifrasi con cui si allude, con grande efficacia espressiva, all'età della puerizia» (Manni, Dante, p. 111); questi due vocaboli fanno parte di quell'«idioma che prima i padri e le madri trastulla» (Par. 15.122-123). Il vocabolo è generic. glossato dai commentatori (e, di conseguenza, da parte della tradizione lessicografica, vd. TB s.v. pappo) come 'pane': ad es., Francesco da Buti spiega «cioè in infanzia quando non sapendo parlare ancora, vollendo dire pane dicevi pappo, e volendo dire denari dicevi dindi». Si noti che invece Zucchero, Santà utilizza, con rif. al linguaggio infantile con il signif. di 'cibo', il vocabolo pappa (vd. TLIO s.v. pappa, signif. 1.1). Pappo, dopo Dante, è att. solo nei commentatori e ripreso esclusivamente da Francesco di Vannozzo, Rime (vd. TLIO s.v. pappo).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 30.10.2019.
Data ultima revisione: 25.02.2020.
1 [Nel linguaggio infantile:] pane. [Generic.:] cibo.
[1] Purg. 11.105: Che voce avrai tu più, se vecchia scindi / da te la carne, che se fossi morto / anzi che tu lasciassi il 'pappo' e 'l 'dindi', / pria che passin mill' anni? ch'è più corto / spazio a l'etterno, ch'un muover di ciglia / al cerchio che più tardi in cielo è torto.