Latinismo tardo da
lectura (DELI 2 s.v.
letto (1)), inf. fut. di
legĕre 'stare per leggere', diffuso nel mediolatino come «lectio; actus legendi seu docendi scientias» (Du Cange s.v.
lectura). Nella lingua delle Origini,
lettura (cfr. TLIO s.v.) ha la sua prima att., con specif. signif. giuridico, in uno
Stat. fior. del 1310/13, ma col senso propr. di 'atto di leggere un testo scritto' il sost. è usato per la prima volta nella
Commedia, a
Inf. 5.131: qui è rif. al romanzo del ciclo arturiano
Lancelot du Lac («Lancialotto», v. 128), e in partic. a un episodio in esso contenuto, ogg. di una fruizione letteraria prettamente ludica («per diletto», v. 127; «antitetica a quella del poema dant.» Inglese,
ad l.), e quindi pericolosa, da parte della coppia di amanti, Paolo e Francesca («lettrice peraltro parziale e maliziosa del
Lancelot», Bellomo,
Nota conclusiva, p. 90).
Lectura ricorre in Ham come var. di
lezione (vd.) in
Inf. 20.20: questa volta con rif. all'episodio drammatico della pena degli indovini, da cui cogliere un senso tropologico, in virtù della specif. funzione affidata al poema. Petrocchi,
ad l., giustifica la var. «probabilmente per effetto diretto del precedente
lettore; ovvero per il proposito di esplicare
lezione, che vale infatti 'lettura'». Nell'occ. di
Par. 29.75,
lettura assume il signif. tecnico di 'lezione' tenuta nelle scuole filosofiche (
Francesco da Buti,
ad l.: «cioè chente si fa per le vostre scuole»), in relaz. alla trattazione erronea della questione angelologica da parte dei maestri di teologia (per cui vd.
equivocare e
Nota). L'esegesi moderna si divide tra «insegnamento» e «dottrina» (vd.
ED). Inglese rimanda in partic. al v. 72, nel quale si allude alla lezione delle
Sententiae di Pietro Lombardo, su cui si strutturava l'insegnamento della teologia scolastica. Con qualche forzatura,
lecture plur. (a
Par. 19.134) si rivela in Pa var. poco convincente di
lettere (vd.
lettera).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 01.02.2019.
Data ultima revisione: 28.02.2022.