Vocabolario Dantesco
fulgore s.m.
Commedia 8 (8 Par.).
Commedia fulgor Par. 9.70, 30.51; fulgore Par. 20.66, 21.11 (:), 30.62, 31.132, 32.144 (:), 33.141.
Prima att. Il sost. fulgore ricorre esclusivamente nel Paradiso, regno della lux divina plasmato linguisticamente da un ricchissimo repertorio lessicale relativo alla luce nelle sue varie declinazioni (vd. luce e rel. Nota). Nell'ambito semantico della luce, in cui a ogni vocabolo spetta un signif. specifico nella gradazione della luminosità in relazione al divino, il sost. fulgore assume l'accezione ben precisa di luminosità intensa, quasi un lampo che rapido rifulge e abbaglia, che è la manifestazione percepibile della luce divina. Come spiega Ariani, Lux inaccessibilis, la distinzione semantica tra i vocaboli e le immagini della luce (ad es. nella tripartizione luce-lume-splendore) è necessaria per rendere dicibile l’infigurabile e ineffabile luce divina. In questo sistema, il fulgore rappresenta la manifestazione percepibile della luce divina. Esso è la luminosità abbagliante delle anime beate (ad es. in Par. 9.70 e Par. 20.66) che è proporzionata alla gioia celeste e con cui, mandando bagliori, manifestano la propria letizia («per letiziar là sù fulgor s'acquista», Par. 9.70; vd. anche coruscare); è caratteristica distintiva degli «angeli festanti» dell'oriafiamma (vd.) di Par. 31.132 («ognuno di loro distinto dagli altri per diversa intensità di luce e diverso fervore negli atti», spiega Chiavacci leonardi, ad l.); è lo splendore accecante del fiume di luce di Par. 30.62 (ed è infatti fulvido (vd.), 'del colore dell'oro'). È, infine, il fulgore di Dio, o meglio quel fulgore per il quale il pellegrino, «quant'è possibil» (Par. 32.144), può penetrare. Il fulgore è abbagliante, illumina, colpisce e ottunde: è simile a un lampo, breve e intenso, che percuote la mente dell'agens al culmine della visione divina (Par. 33.141) alla fine dell'ultimo canto (si ricordi il verbo della visione di Paolo sulla via di Damasco, «circumfulsit», Act. Ap. 22,6; lo stesso verbo circunfulgere (vd.) è usato anche a Par. 30.49 in rif. alla «luce viva» che lascia il pellegrino «fasciato di tal velo / del suo fulgor»). Sul tema cfr. ancora Ariani, Lux inaccessibilis (cui si rimanda anche per la rel. bibliografia). Stando al Corpus OVI, l'intera famiglia lessicale rel. al fulgore (vd. anche fulgido e fulgere) presenta nella Commedia le sue prime attestazioni (fa eccezione il part. fulgente, che è in Jacopone (ed. Ageno) e in altri testi di matrice religiosa), e si ritrova soprattutto nella trafila di commentatori (che ampliano la serie con fulgidezza, fulgidità) e negli imitatori danteschi: sembra dunque che nella prima diffusione in volgare di questi vocaboli, evidentemente legati all’idea di luminosità del divino, ci sia proprio l’impulso di Dante e della sua ricerca lessicale per illustrare il mondo della luce. Come anche l'agg. fulgido, il sost. fulgore fa oggi parte del lessico comune (vd. GRADIT s.v. fulgore).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 27.09.2018.
Data ultima revisione: 12.06.2021.
1 Luminosità intensa e abbagliante (in quanto manifestazione della luce divina). ||  Cfr. Nota.
[1] Par. 9.70: Per letiziar là su fulgor s'acquista, / sì come riso qui; ma giù s'abbuia / l'ombra di fuor, come la mente è trista. 
[2] Par. 20.66: E quel che vedi ne l'arco declivo, / Guiglielmo fu, cui quella terra plora / che piagne Carlo e Federigo vivo: / ora conosce come s'innamora / lo ciel del giusto rege, e al sembiante / del suo fulgore il fa vedere ancora.
[3] Par. 21.11: ma «S' io ridessi», / mi cominciò, «tu ti faresti quale / fu Semelè quando di cener fessi: / ché la bellezza mia, che per le scale / de l'etterno palazzo più s'accende, / com' hai veduto, quanto più si sale, / se non si temperasse, tanto splende, / che 'l tuo mortal podere, al suo fulgore, / sarebbe fronda che trono scoscende. 
[4] Par. 30.51: Come sùbito lampo che discetti / li spiriti visivi, sì che priva / da l'atto l'occhio di più forti obietti, / così mi circunfulse luce viva, / e lasciommi fasciato di tal velo / del suo fulgor, che nulla m'appariva.
[5] Par. 30.62: e vidi lume in forma di rivera / fulvido di fulgore, intra due rive / dipinte di mirabil primavera.
[6] Par. 31.132: così quella pacifica oriafiamma / nel mezzo s'avvivava, e d'ogne parte / per igual modo allentava la fiamma; / e a quel mezzo, con le penne sparte, / vid' io più di mille angeli festanti, / ciascun distinto di fulgore e d'arte.
[7] Par. 32.144: Ma perché 'l tempo fugge che t'assonna, / qui farem punto, come buon sartore / che com' elli ha del panno fa la gonna; / e drizzeremo li occhi al primo amore, / sì che, guardando verso lui, penètri / quant' è possibil per lo suo fulgore.
[8] Par. 33.141: ma non eran da ciò le proprie penne: / se non che la mia mente fu percossa / da un fulgore in che sua voglia venne.