Vocabolario Dantesco
cristallo s.m.
Commedia 4 (1 Inf., 3 Par.).
Altre opere1 (1 Rime).
Commedia cristallo Inf. 33.98 (:), Par. 21.25, 25.101 (:), 29.25 (:).
Altre opere cristallo Rime 87.4.
Dal lat. crystallus, a sua volta dal gr. krýstallos 'ghiaccio' (DELI 2 s.v. cristallo), il sost. è att. in volg. dalla prima metà del sec. XIII (cfr. TLIO s.v. cristallo). La spiegazione paretimologica del nome, in base alla teoria di trad. aristotelica sulla formazione del minerale dal ghiaccio solidificato, è fornita dai lessici mediev. (Isidoro, Etimol., XVI.13.1: «Crystallus resplendens et aquosus colore. Traditur quod nix sit glacie durata per annos; unde et nomen ei Graeci dederunt.»; Cecchini, Uguccione, C 310) e dai lapidari del tempo (es. Lapidario estense, p. 152). Ciò risulta anche in Rime 87.4 («ove si fa 'l cristallo in quel paese»; De Robertis, p. 461, nota 4), dove si parla di una regione fredda in cui si produce il cristallo, e in maniera più evidente nella canzone Amor, tu vedi ben che questa donna, v. 26: «l'acqua diventa cristallina pietra», con cui si intende il cristallo ottenuto da un lungo processo di congelamento (ivi, p. 115, nota 26). Nel poema, il sost. ricorre in una similitudine a Par. 29.25, per indicare, insieme al vetro (vd.) e all'ambra (vd.), un corpo solido diafano, investito da un fascio luminoso istantaneamente. Per estens. è il materiale di cui sono composte le visiere (vd. visiera) nell'immagine concreta di Inf. 33.98, usata per rappresentare le lastre di lacrime ghiacciate che coprono gli occhi dei dannati della Tolomea (vd. anche invetriato al v. 128). Prob. sulla scia del lat. crystallus identificato col cielo in quanto sfera traslucida (cfr. TLL s.v. crystallus, 4, 1264.24), nella terza cantica il termine designa un astro per le sue caratteristiche di lucentezza e assenza di colore piuttosto che per le qualità fisiche della materia: ora Saturno (Par. 21.25) ora una stella (Par. 25.101), «a denotare che li corpi celesti sono lucidi come lo cristallo, e non ànno lume da loro» (Francesco da Buti, a Par. 25.101). Diversamente le Chiose ambrosiane fanno rif. alle qualità sensibili del pianeta: «qui est frigidus et siccus, similatur cristallo qui est glacies ex frigore in lapidem desiccatus».
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 22.01.2025.
Data ultima revisione: 19.07.2025.
1 [Min.] Minerale presente in natura allo stato solido con una struttura poliedrica, trasparente e lucente.
[1] Par. 29.25: E come in vetro, in ambra o in cristallo / raggio resplende sì, che dal venire / a l'esser tutto non è intervallo, / così 'l triforme effetto del suo sire / ne l'esser suo raggiò insieme tutto / sanza distinzïone in essordire. 
Materiale con cui è realizzato un oggetto (estens.).
[2] Inf. 33.98: Lo pianto stesso lì pianger non lascia, / e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo, / si volge in entro a far crescer l'ambascia; / ché le lagrime prime fanno groppo, / e sì come visiere di cristallo, / rïempion sotto 'l ciglio tutto il coppo. 
2 Corpo celeste assimilabile al cristallo per la sua trasparenza e lucentezza (fig.).
[1] Par. 21.25: Dentro al cristallo che 'l vocabol porta, / cerchiando il mondo, del suo caro duce / sotto cui giacque ogne malizia morta, / di color d'oro in che raggio traluce / vid' io uno scaleo eretto in suso / tanto, che nol seguiva la mia luce. 
[2] Par. 25.101: Poscia tra esse un lume si schiarì / sì che, se 'l Cancro avesse un tal cristallo, / l'inverno avrebbe un mese d'un sol dì.