Dal lat.
cuneus (DELI2 s.v.
conio). L’
Ottimo, a
Par. 24.87, glossa
conio con «forma» e, a
Inf. 18.66, sfrutta il medesimo concetto per
coniare (vd.); inoltre la doc. antica mostra che i signif. fondamentali della parola sono ‘strumento di ferro utilizzato per stampare monete metalliche; stampo’ e ‘immagine stampata’ (cfr. TLIO s.v.
conio). In Dante tali signif., almeno in due casi (a
Inf. 30.115 e
Par. 24.87), non sono facilmente scindibili e per questo vengono proposti in un’unica definizione (§
1 ). Parte dei commentatori moderni attribuisce a
Inf. 30.115 e
Par. 19.141 il signif. metonimico di ‘moneta’ (per
Inf. 30.15, anche Benvenuto da Imola glossa «idest, monetam»), passaggio semantico che tuttavia non pare strettamente necessario (cfr. TB s.v.
conio § 4). Infatti, il
conio, nelle sue accezioni di ‘stampo’ e ‘immagine stampata’, è già di per sé uno degli elementi costitutivi della moneta e, per questo, spontaneamente la richiama, senza dover mutare il proprio significato. A tal proposito, si veda la voce
moneta e, per confronto con
Par. 19.141, le espressioni
al, del (dritto) peso e (lega e) conio di accompagnate dal nome di una città o di un’autorità, deducibili dal TLIO s.v.
conio e dal
Corpus OVI. Inoltre, a
Par. 19.141, il signif. di
conio potrebbe essere influenzato dalla lezione del verso: «male ha visto [[Lanza, Petrocchi, Sanguineti]] / aggiustò [[Russo,
«Paradiso» XIX 140-141; Malato,
Per una nuova edizione, p. 179]] / avvistò [[Inglese]] il conio di Vinegia» (per le diverse interpretazioni vd. Inglese e la voce
vedere). Nella lezione «aggiustò il conio», fermo restando che
aggiustare, quando utilizzato con senso tecnico, parrebbe riferirsi solitamente a pesi e misure (cfr. TLIO s.v.
aggiustare 1), si dovrebbe interpretare
conio con un signif. che, in maniera assai eccezionale rispetto a ciò che è att. in it. antico, comprenda anche e soprattutto la ‘lega’ e il ‘peso’ di una moneta. Per quanto riguarda
Inf. 18.66, fin dal Trecento, commentatori e critici si sono divisi sulla sua interpretazione (vd. almeno ED s.v.
conio e Ageno,
«Conio», e relativa bibliografia). Tra i commenti antichi, Iacomo della Lana («çoè moneda») e Benvenuto da Imola («idest ad lucrum, ad denarios, ad pecuniam») interpretano
conio nel signif. di ‘moneta’; l’
Ottimo (vd. supra) e
Francesco da Buti («cioè da essere coniate et ingannate con le tue seduzioni») propendono per il signif. di ‘inganno’. Quindi, le
femmine da conio sono state interpretate nel senso di ‘donne che si concedono per denaro’; ‘femmine da nolo’; ‘donne da ingannare’. L’interpretazione dei commentatori tosc. è confortata dai vocaboli
coniatore,
coniare,
coniello,
coniellare, tutti att. in tosc. antico e aventi a che fare con l’area semantica dell’‘inganno’ (cfr. TLIO s.vv.
coniatore,
coniare 1,
coniello e
coniellare), e dal fatto che nella glossa ai
Documenta Amoris, Francesco da Barberino rammenti coloro «qui appellantur in tuscia coniatores [[...]] qui modis variis nituntur decipere viatores» (
Documenta Amoris [ed. Egidi], III, p. 111 e, per un commento linguistico, Verlato,
Schede s.v.
coniator). Seguendo le att. e i commenti toscani e le indicazioni di lettura di parte degli studiosi (Ageno cit. e Inglese), per
Inf. 18.66 si propone dunque il signif. di ‘comportamento atto a ingannare’ (§
2), senza tuttavia creare una voce separata (per tale scelta, cfr. TLIO s.v.
conio [
Note]).
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 22.07.2019.
Data ultima revisione: 04.11.2019.