Vocabolario Dantesco
coniare v.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia coniavi Inf. 30.111 (:).
Prima att. Il verbo, già ampiamente att. in lat. a partire dal Duecento nei capitolari comunali di zecca (vd. Sella, Gloss. lat. it. s.v. cuniare), deriva da conio, a sua volta allotropo rispetto a cuneo, dal lat. cuneus (DELI 2 s.v. conio). Nella Commedia fa rif. all'attività di falsario di Maestro Adamo, e in partic. alla sua famigerata contraffazione del fiorino. Nonostante sia att. per la prima volta in Inf., è da segnalare l'occ. della forma participiale coniato già a partire da Forese Donati, che in un sonetto della Tenzone (a. 1296) allude proprio a «fiorin coniati d'oro rosso». L'uso di un verbo tecnico delle maestranze ufficiali di zecca si giustifica con il fatto che già nel Medioevo le pratiche più comuni di falsificazione monetaria replicavano quelle in uso presso le zecche stesse: cfr. nello stesso passo dantesco la locuz. falsare il conio (Inf. 30.115), in cui conio può valere 'moneta' (per meton.: lett. 'immagine impressa sulla moneta', per cui vd. TLIO s.v. conio) ma anche lo stesso punzone metallico usato per la coniazione, che Maestro Adamo avrebbe contraffatto per la produzione in serie di moneta falsa (vd. la voce conio).
Autore: Nicolò Magnani.
Data redazione: 03.10.2023.
Data ultima revisione: 10.11.2023.
1 [Metall.] Battere moneta. ||  Propr. imprimere le facce di un tondello nudo con il conio.
[1] Inf. 30.111: Ond' ei rispuose: «Quando tu andavi / al fuoco, non l'avei tu così presto; / ma sì e più l'avei quando coniavi».