citarista s.m.
Nota:Prima att. (
Conv. 1.9.3).
Latinismo da
citharista, a sua volta dal gr.
kitharistés, derivato di
kithara 'cetra' (vd. DELI 2 s.v.; LmL s.v.
cithara).
Hapax dantesco che presenta due occ. nel
Convivio, dove, in due passi che risentono della lettura di Arist.,
Eth. Nic., I.1.1098a, 7-12 (vd. Fioravanti,
Convivio, 1.9.3), indica un suonatore di cetra, prob. solista (vd.
Conv. 1.9.3: «sì come non si dee chiamare citarista chi tiene la cetera in casa per prestarla per prezzo, e non per usarla per sonare»;
Conv. 1.11.11: «e lo malo citarista biasima la cetera»). Il termine torna poi nella similitudine di
Par. 20.142 per designare un musicista accompagnatore che, accordando la vibrazione delle corde alla voce del cantore, ne rende più piacevole il canto (vd. ED s.v.
citarista). L'identificazione dello strumento si ricava da
Par. 20.22 in cui si nomina il «collo de la cetra», locuz. che designa uno strumento provvisto di manico e suonato premendo le corde sulla relativa tastiera e che non può essere quindi assimilato all'omonimo strumento antico, ma potrebbe essere identificato con la chitarra medievale, detta anche
citola, o con la
cìtara (vd.
cetra e
leuto e DEUMM s.v.
citola). La sovrapposizione, talvolta anche sinonimica, tra
cetra e
chitarra (vd. TLIO s.v.
chitarra) riflette bene l'ambiguità che caratterizza gli strumenti a corde medievali (vd. Winternitz,
Gli strumenti musicali, pp. 250-251) e investe anche i vocaboli che designano chi suona l'uno o l'altro strumento. Prima del
Conv. e della
Commedia i sinon. di
citarista, att. solo in testi tosc. e perlopiù fior., presentano infatti una diffusione molto limitata, come testimoniato da
ceteratore (vd.
TLIO s.v.) e
citarico (vd.
TLIO s.v.). Sono invece posteriori alla
Commedia le voci
citarizzante e
citaredo (vd.
TLIO s.v.), laddove l'unico termine che indica una suonatrice donna è
psalteria (vd.
TLIO s.v.). L'insieme di tali vocaboli fa emergere non solo la varietà suffissale dell'it. antico per i nomi di mestiere legati alla musica, ma anche l'innovatività di Dante, dal momento che il suff. -
ista, già att. nel Medioevo ma estremamente produttivo solo a partire dal Rinascimento, è quello più diffuso nell'it. moderno per nomi dello stesso ambito (cfr. Rohlfs, § 1126). La singolarità dell'
hapax dantesco è variamente recepita dai copisti e dai primi commentatori della
Commedia. Per
Par. 20.142 Petrocchi,
ad l., registra infatti le var. formali
ceterista (Fi e Po), con evoluzione tipicamente fior. di -
ar- intertonico a -
er-, e
cetarista (Pr), ma anche
chitarrista di Rb, lez. in cui l'iniziale velare va prob. considerata un relitto della comune derivazione etimologica di
cetra e
chitarra (vd. ED s.v.
chitarra). Si consideri infatti che nel commento di Iacomo della Lana, tràdito sempre da Rb, è presente la forma
citarista (vd.
Iacomo della Lana [Rb], 13.77) e che l'it.
chitarrista si afferma solo a partire dal 1600 (vd. GDLI s.v.). Il comportamento degli antichi esegeti dimostra inoltre la pluralità di termini atti a designare tanto lo strumento, quanto chi lo suona: l'
Ottimo,
ad l., glossa infatti il lemma con
citerizatore (vd. TLIO s.v.
citarizzatore), termine att. unicamente in questo brano, ma impiega
citarista altrove (vd.
Par. 13.73); Benvenuto da Imola,
ad l., traduce invece
citarista con
citharedus, mentre
Francesco da Buti,
ad l., interpreta il vocabolo come «buono suonatore di chitarra», laddove nel commento a
Inf. 4.130-144 il
citarista è gen. un «sonatore di strumento di corde». Sta di fatto che, malgrado l'ampia varietà sinon., il vocabolo dantesco si rivela l'unico che può vantare una certa fortuna nel Trecento, e ne sono prova le att. in
Nadal, Leandreride,
Comm. Arte Am. (D), e
Agostino da Scarperia (?), Città di Dio, ma anche la presenza di
citerista in
Boccaccio, Filocolo.
Autore: Sara Ferrilli 15.11.2023 (ultima revisione: 12.07.2024).