Nota:Dal lat. astrum (LEI s.v., 3.2, 1984.26), già in epoca classica impiegato per designare sia una stella singola, sia un ammasso stellare, sia una costellazione (cfr. TLL s.v., 2, 968.84). La differenza semantica fra stella, sidus e astrum è così precisata da Isidoro: «Stellae et sidera et astra inter se differunt. Nam stella est quaelibet singularis. Sidera vero sunt stellis plurimis facta, ut Hyades, Pleiades. Astra autem stellae grandes, ut Orion, Bootes. Sed haec nomina scriptores confundunt, et astra pro stellis et stellas pro sideribus ponunt» (Id., Etimol., III.60.1). Il termine ricorre in Dante un'unica volta (: nastro : alabastro) a indicare lo spirito luminoso dell'avo Cacciaguida, rappresentato come «un astro de la costellazion» di anime beate disposte in forma di croce (cfr. Par. 14.104). Astro vale dunque qui 'corpo celeste singolo, stella', che è parte di un'associazione stellare più estesa (vd. costellazione). Del resto, l'accezione del termine come elemento astronomico "singolo" è qui suggerita anche dalla prima parte della similitudine («e pare stella che tramuti loco...», v. 16), che evoca il fenomeno delle stelle cadenti. Fra i commentatori, appare perspicua la glossa di Francesco da Buti: «corse un astro; cioè uno di quelli beati spiriti, che stavano in quella croce, come le stelle stanno in cielo; così corse come correno li detti vapori per l'aire: è astro congregazione di molte stelle; ma qui si pone per una stella» (ad l.).