assenso s.m.
Nota:Prima att.
Latinismo da
assensus (LEI s.v., 3.2, 1823.19), più precocemente penetrato nel fr. antico (vd. FEW. s.v., 1, 158b). Nell'accezione filosofica originaria, elaborata dagli Stoici e adattata al pensiero cristiano (per l'uso tomistico, in partic., cfr. Tommaso,
Lexicon, s.v.
assensus), il termine designa «l'atto con cui si giudica dell'oggetto appreso», cioè la prima «reazione» volontaria dell'anima «all'azione della cosa esterna che imprime su di essa la rappresentazione» (Abbagnano,
Dizionario, p. 69). Con tale valore,
assenso è impiegato da Dante in
Purg. 18.63, dove il tecnicismo filosofico è coerente con il tono alto e lessicalmente puntuale della dissertazione virgiliana sull'amore. Nelle altre due occ., entrambe della terza cantica, il termine ha invece il senso estens. – divenuto tuttavia comune già nel lat. classico (cfr. TLL s.v.
assensus, 2, 851.64) – di 'approvazione, consenso'. Proprio al termine
consenso (o a
consentimento) i commentatori si affidano per glossare il latinismo dantesco: cfr. per es. Benvenuto da Imola a
Par. 9.17 («di caro assenso, idest, grato consensu, quia conniventia oculorum dixit»);
Francesco da Buti,
ibid. («di caro assenso; cioè di consentimento caro»);
Ottimo commento a
Par. 12.64 («La donna [[...]] diede l'asenso per lui, cioè il consentimento ch'elli fosse batezzato»). In questa stessa accezione comune, il termine è impiegato dal poeta nelle opere lat. (cfr. in partic.
Mon. 2.9 e 3.14;
Ep. 7). Nei testi volg. successivi a Dante, fuori del circuito degli esegeti e degli imitatori del poema,
assenso conta poche att. in doc. di natura pratica (per es. negli
Stat. palerm., 1343, cap. 16, p. 26, qui in dittol. con
consentimento) o d'ispirazione dottrinale (per es. nella
Brieve meditazione di Torini, p. 331; vd. TLIO s.v.
assenso).
Locuz. e fras. Il ricorso all'espressione
dare (o anche
avere)
l'assenso, già doc. in lat. (vd. TLL s.v.
assensus, 2, 851.64), dopo Dante, si rileva in pochi testi di area non tosc., come nella
Lettera della regina Eleonora d'Aragona al fratello Ludovico (1351, sic.): «a lu q(u)ali [[
scil. matrimoniu]] ip(s)u (con)sintiu e dedi lu sou assensu multu liberalm(en)ti e di bona vulu(n)tati» (ivi, p. 181; cfr.
Corpus OVI). Nei secc. successivi tale espressione diviene più comune (vd. LEI s.v., 3.2, 1823.41; GDLI s.v.), in partic. con il v.
prestare.
Varianti. Il cultismo dantesco ha dato origine a una serie di lez. banalizzanti e patentemente erronee, specie a
Purg. 18.63 (come
et ella senso Co Triv,
e della senso Eg ecc.), dove il processo di corruzione appare innescato dall'equivoco
de prep. /
de' verbo (cfr. Petrocchi,
ad l.). Sulla scorta dell'editore, è tuttavia possibile isolare la var.
ascenso (con ogni probabilità da intendersi 'ascesa') recata dai codd. Ash e Ham, semanticamente ammissibile al vaglio, sebbene con molte riserve: appare infatti senz'altro più consono alla puntuale dimostrazione virgiliana un tecnicismo come
assenso, desunto dal lessico filosofico e teologico consolidato e strettamente connesso al dibattito sul libero arbitrio.
Autore: Barbara Fanini 21.07.2020 (ultima revisione: 31.07.2020).