Prima att. Deriva dal
lat. cherubicus, a sua volta da
cherub,
cherubim, riconducibili alla radice
ebr. kərûv: vd.
cherubo. L’agg. è rif. alla
luce di san Domenico, che risplende come un cherubino per
sapienza; analogamente, nei versi precedenti san Francesco è detto ardente di carità come un serafino (vd.
serafico). Per le qualità dei due ordini angelici cfr. almeno Tommaso,
S. Th., I, q. 63, a. 7: «Cherubim denominatur a scientia [[…]] Seraphim vero denominatur ab ardore caritatis» e già i commentatori a
Par. 11.39, per es. Francesco da Buti: «
Di cherubica luce; cioè di luce d'intelletto simile a quella de' cherubini [[…]] ai quali è appropriata la sapienzia». Inglese
ad l. fa notare che «anche la combinazione fra i due sommi cori angelici e i due santi non è una novità dantesca», e rimanda a Ubertino da Casale,
Arbor vitae crucifixae Iesu Christi, V 3, fonte segnalata da Cosmo,
Le mistiche nozze, p. 62 (cfr. anche Mazzucchi,
Par. XI, p. 338 e nota). Nella tradizione manoscritta, l’
hapax dantesco ha generato errori. In partic., come già rilevato da Petrocchi,
Introduzione, p. 157, dalla segmentazione
diche rubica si propaga la corruttela in
di che rabica Ga Gv Lau Lo Parm Pr Ricc Tz,
di che robrica Eg e
di che radica Po. Tralasciando l’incomprensibile
rabica, e l'incoerente
radica,
robrica potrebbe derivare da una sovrapposizione con
ruber,
rubeus,
rubricus ‘rosso’ (da cui anche l'interpretazione di Iacomo della Lana, che tenta una spiegazione tramite la glossa «çoè: anche luce rubrica, çoè incesa de simele spiendore, luxe Thomaxe preditto»; ma la lezione
rubrica a sua volta alterna con
rubica nella tradizione manoscritta del commento lanèo).
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 07.06.2018.
Data ultima revisione: 21.12.2018.