Inf. 21.60: schoglio Ham.
Prima att. Secondo Parodi,
Lingua, p. 246,
scheggio è un metaplasmo di genere del femminile
scheggia (vd.). Il termine, visto anche il suo etimo, a
Inf. 21.60 è prob. utilizzato con il suo senso proprio, ad indicare una conformazione rocciosa assai simile a quella della
scheggia (anche se Benucci,
Malebolge, p. 12, ipotizza che possa essere morfologicamente «più estesa»); una conformazione che, come si può ricavare da
Fazio degli Uberti, Dittamondo (cfr. TLIO s.v.
scheggio), può servire anche come punto di appoggio per la salita di un monte, proprio come accade per
scheggia. Si osservi che, ancora nel canto 21 (al v. 89),
scheggio ricorre come var. in luogo di
scheggione (vd.), prob. in virtù della loro sinonimia. Peculiare di Dante (e dei suoi commentatori) è l’uso di
scheggio per indicare, verosimilmente per sineddoche, la sequenza di dieci arcate che fa da ponte sulle bolge dell’ottavo cerchio, normalmente chiamata
scoglio (vd.
scoglio 1). Benucci,
Malebolge, pp. 14-15, sulla base dell’AIS, ipotizza che la similarità degli esiti fonici delle voci
scoglio e
scheggio in Liguria, Lunigiana ed Emilia potrebbe «aver suggerito al poeta l’uso» di
scheggio in luogo di
scoglio.
Varianti. Forse proprio per tale connessione, istituita da Dante stesso, o, più probabilmente, per semplice reminiscenza, in Ham
scheggio trova come variante a
Inf. 21.60
scoglio, che ricorre a testo poco prima, al v. 43.
Autore: Cristiano Lorenzi Biondi.
Data redazione: 22.05.2018.
Data ultima revisione: 22.05.2018.