Commedia |
repluo Par. 25.78 (:). |
Att. solo nella
Commedia e nei commentatori.
Latinismo da
repluere (GDLI s.v.
repluere), raro anche in mediolatino, ma comunque documentato (Du Cange VII 131c; cfr. anche Viel,
«Quella materia ond'io son fatto scriba», p. 138). Il verbo
repluere è utilizzato transitivamente nel
Paradiso, all'interno del dialogo sulla virtù teologale della speranza che avviene tra Dante e l'apostolo Giacomo: questo dialogo teologico alterna potentemente le metafore della
luce (vd.) e della
pioggia (vd.; si veda da
Purg. 24.91 «la larga
ploia de lo Spirito Santo»); in questo verso,
pioggia ricorre col verbo
repluere in figura etimologica e ne è complemento oggetto interno. Il verbo
repluere infatti «non si può pienamente intendere al di fuori della complessa metafora acquatica dispiegata ai vv. 70-78 del canto per rappresentare la sapienza ispirata dai Salmi e dall’epistola giacomiana e, più in generale nei canti delle Stelle Fisse, per dar conto dell’opera parenetica di profeti e apostoli nel loro complesso» (Maldina,
Postille a margine di Paradiso XXV, 77-78, p. 139, cui si rimanda per ulteriori approfondimenti). Chiavacci Leonardi (
ad l.) spiega efficacemente questi versi: «la metafora dell'acqua riprende il sopravvento su quella della luce: il mio cuore è pieno di questa virtù da voi così abbondantemente riversata su di me, tanto che esso trabocca, e io la faccio ricadere, come pioggia, sugli altri». Il verbo
repluere è chiosato univocamente dai commentatori: ad es.
Francesco da Buti glossa «la vostra dottrina del Salmista e di te santo Iacopo, che è stillata in me come la pioggia sopra colui sopra 'l quale piove, ripluo; cioè rinfondo e rimetto...».
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 11.12.2021.