Dal lat.
radix (
radicem) (DELI 2 s.v.
radice), il sost. è att. dai primi decenni del sec. XIII nei
Proverbia que dicuntur in accezione botanica (cfr. TLIO s.v.
radice). Nel poema il vocabolo abbraccia un ampio ventaglio semantico, ben registrato nell'it. antico (cfr.
TLIO s.v.). Nel §
1 rientrano due occ. di senso propr., pur connesse all'ambiente oltremondano: esse identificano la parte inferiore della pianta in cui è tramutato il suicida Pier della Vigna (in espressione di giuramento a
Inf. 13.73) e quella dell'
albero (vd.) dell'Eden su cui siede Beatrice (
Purg. 32.87), a simboleggiare che la «Verità rivelata ha il suo fondamento nella Giustizia divina» (Inglese, ed. e comm.,
ad l.). Si distinguono due valori semantici del termine a seconda che
radice indichi la causa originaria, anche con specif. rif. a Dio, causa ed effetto di ogni bene (§
3), o il principio di qsa (§
4). Per le occ. paradisiache del §
3, il senso è per lo più chiaro ai commentatori. Così, per es. Benvenuto da Imola (
Par. 8.123): «idest causae» e
Francesco da Buti (
Par. 20.131): «cioè la cagione tua: perchè Iddio voglia colui salvato, e quell'altro dannato, nessuno lo sa», mentre per
Par. 17.141, alcuni intendono «sua origine e cagione» (es. Vellutello), altri «çoè la prima positione» (es.
Iacomo della Lana,
Ottimo). Di discussa interpretazione appare l'occ. infernale del canto 5, che può assumere il valore temporale di 'prima manifestazione da cui inizia qsa' (§
4), rif. all'amore tra Paolo e Francesca, ma che risulta chiosata dagli esegeti con «originem principalem et radicalem» (Benvenuto da Imola) o «lo primo motivo del nostro male» (Francesco da Buti). Col senso di 'inizio' ma in un contesto metaf. a
Par. 27.119,
radice richiama l'immagine del
tempo (vd., §
1) come albero rovesciato con
in cotal testo le sue radici, «cioè lo suo principio et incominciamento di corso» (
Francesco da Buti,
ad l.) Col signif. di 'capostipite', di una famiglia (§
5 [2], [3]) o di una stirpe ([1], partic. dei Capetingi), va intesa anche l'occ. di
Par. 32.117, dove le
radici, nella raffigurazione della
candida rosa, sono i capostipiti delle due schiere dei beati: «Adam, ch'è radixe della generatione humana, e sam Pedro, ch'è radixe de la fe' de Cristo» (
Iacomo della Lana,
ad l.). Nel resto dell'opera dantesca si segnala la partic. accezione matematica di 'numero che elevato al quadrato dà per risultato il numero dato' att. in
Vn 29.3.
Locuz. e fras. A
Purg. 28.142 (§
5 [5]), l'espressione
umana radice, esclusiva del poema, indica i progenitori del genere umano, ossia per antonomasia Adamo ed Eva. Per l'uso del sost. che raffigura la genealogia di Cristo, vd. l'espressione
radice di Jesse in
Conv. 4.5.6. La fras.
andare alla radice (
Par. 14.12), ancora oggi comune, ma qui intesa come penetrare nel fondo di una verità, risulta att. solo nel poema (cfr.
Corpus OVI). L'espressione di stampo relig.
avere buona radice è ben intesa sin dai primi commentatori; ad es.
Iacomo della Lana: «çoè de quî ch’èno in gratia, la qual [è] radixe de quel bon volere».
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 30.04.2024.