Vocabolario Dantesco
graffio s.m.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia graffi Inf. 21.50 (:).
Germanismo dal longob. *krapfo ‘gancio’ (cfr. Nocentini s.v. graffio 1) att. per la prima volta nel volgarizzamento sen. del De regimine principum di Egidio Romano (III III XXI 22) come tecnicismo militare a chiosa di lupo (arma): «un altro engiengno el q(ua)le gli a(n)tichi battallieri chiamano lupo [[...]] è facto come un graffio chon tre grandi denti» (Papi, Il Livro, p. 617); a graffio corrisponde nell’antecedente francese fer courbe («fer courbe qui a tres fors dens et agues»: Paris BNF Franç. 1203, 145rb), lett. ‘ferro ricurvo, uncino’, tradotto come graffio anche altrove (III III XXII 19). Il sost. ricorre prima di Dante anche in Jacopone, Laud. Urbinate (cfr. TLIO, s.v. graffio 2) per indicare lo strumento uncinato adoperato dai diavoli; e che proprio questo sia il loro arnese di tortura si legge in Benvenuto da Imola a Inf. 21.50 («autor dat arma convenientia istis, scilicet uncos et uncinos, quia semper sunt armati et parati ad rapiendum et trahendum ad se»). Per il nome "parlante" di uno dei diavoli, Graffiacane, formato a partire dal verbo corradicale di graffio, vd. graffiare. Nella trad. ms. è att. graffio come variante sinonimica di raffio (vd.) in Inf. 21.52 (Ash, Laur) e 21.100 (Ham, Laur): per il commento di Francesco da Buti a Inf. 21.52 vd. raffio.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 27.04.2017.
Data ultima revisione: 15.05.2018.
1 Arnese di metallo ricurvo, uncino (adoperato dai diavoli).
[1] Inf. 21.50: Però, se tu non vuo' di nostri graffi, / non far sopra la pegola soverchio».