Commedia |
graffia Inf. 6.18, 18.131; graffiar Inf. 34.59. |
Inf. 18.131: gratta Co.
Denominale da
graffio (vd.) presente solo nella prima cantica. In
Inf. 6.18 il verbo ricorre nella descrizione di Cerbero, alla quale i commentatori attribuiscono signif. allegorici riconducibili alla pseudo-etimologia di Cerbero come ‘divoratore di carni’ (ma per tali interpretazioni vd. Casagrande,
Colpa de la gola). Anticipato dalle
mani unghiate del verso precedente, il
graffiare di Cerbero è successivamente rincarato dal suo
squatrare i dannati: per la discussione dei tre verbi
graffia,
iscoia,
isquatra (Petrocchi) o
graffia,
ingoia,
disquatra (Inglese), vd. Gentili,
«Cerberus quasi kreoboros» e Rinaldi,
Inf. VI, pp. 236-238. In
Inf. 18.131, Taide
si graffia «nel vano tentativo di scrostarsi di dosso il sudiciume» (Inglese
ad l.); infine Lucifero, in
Inf. 34.59, scortica con le unghie Giuda mentre lo divora: il verbo
graffiare è qui sostantivato come il precedente
mordere. Con il verbo
graffiare è formato anche il nome del diavolo
Graffiacane: quest'ultimo, come la maggioranza degli altri nomi dei demoni, è inventato «sulla base di termini comuni che, opportunamente modificati, acquistano un significato allusivo alle qualità fisiche o caratteriali delle varie figure demoniache» (Manni,
Dante, p. 123); del resto, il
graffio (vd.) indica precisamente lo strumento adoperato dai diavoli.
Varianti. Si registra qui la variante
si gratta di Co, unico contesto in cui è att. nella
Commedia l'uso rifl. di
grattare (vd.).
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 27.04.2017.
Data ultima revisione: 15.05.2018.