Germanismo (DELI 2 s.v.
fango). Att. già dall'inizio del sec. XIII (cfr. TLIO s.v.
fango). Il lemma è att. quattro volte nella
Commedia, due a
Inf. e due a
Purg. in contesto fig. Le due occ. infernali fanno entrambe rif. alle acque paludose dello Stige, in cui sono immersi gli iracondi (
genti fangose a
Inf. 7.110 e
fangose genti a
Inf. 8.59, uniche occ. dantesche dell'agg.
fangoso vd.), che manifestano la propria furia picchiandosi selvaggiamente l'un l'altro. Completamente sott'acqua e invisibili agli occhi di Dante stanno gli accidiosi, che nel parlare producono una sorta di «gargarismo fangoso» (Ferretti Cuomo), a cui si rifà anche l'espressione «chi del fango ingozza» ('inghiotte', con
del partitivo). A
Inf. 7.110, in partic., Dante insiste sull'elemento del
fango ricorrendo a un'ampia gamma di lemmi appartenenti al medesimo campo semantico:
palude,
pantano,
acqua,
limo,
belletta negra,
lorda pozza,
mézzo. Nel canto successivo l'espressione «un pien di fango» si riferisce a Filippo Argenti degli Adimari, avversario politico di Dante e «uomo [...] più che alcuno altro, iracundo, eziandio per qualunque menoma cagione» (
Boccaccio, Esposizioni,
ad l.). Tale espressione presenta una lieve ambiguità sintattica perché si può intendere sia
un pron. e
pien di fango attrib. 'un tale pieno di fango', sia
un art. e
pien di fango sintagma sostantivale 'un ammasso fangoso' (cfr. Ferretti Cuomo). Nelle due occ. purgatoriali il lemma, associato al clero, assume un signif. fig. alludendo a una condizione di degrado morale. A
Purg. 19.104 Adriano V afferma di aver sentito il peso della dignità papale (il
manto) nel vano tentativo di "guardarla dal fango", cioè impedirne la corruzione. In queste due occ. la simmetria dei contesti è suggerita anche dal ritornare della metaf. della
soma. Sempre in contesto fig. il termine compare due volte fuori dalla
Commedia: nel
Convivio (3.5.22) Dante accusa la miopia di sguardo dei propri lettori (che l'opera ambisce a sanare), definendone gli occhi «fissi nel fango della vostra stoltezza», cioè rivolti solo ai bisogni e agli interessi contingenti. A
Rime 14.105 il
fango vale ancora a indicare una condizione di decadimento morale e ad esserne imbrattati («e voi tenete vil fango vestito») sono coloro che incorrono nel vizio.
Locuz. e fras. L'espressione fras.
Cadere nel fango usata per indicare il passaggio a una condizione di infamia morale non ha att. precedenti a Dante. A
Purg. 16.129 nelle parole di invettiva rif. da Marco Lombardo, è la Chiesa tutta a 'cadere nel fango' per il venir meno della separazione dei poteri temporale e spirituale e dell'autorità imperiale a garanzia contro gli abusi ecclesiastici.
Autore: Simona Biancalana.
Data redazione: 09.03.2024.
Data ultima revisione: 12.07.2024.