Vocabolario Dantesco
botolo s.m.
Commedia 1 (1 Purg.).
Commedia botoli Purg. 14.46.
Prima att. Per l'etimologia, incerta, cfr. LEI s.v. *bott-/*butt- 'colpo', 6, 1481.15. Il termine fa rif. agli Aretini; tale identificazione doveva essere diffusa nel Trecento, come dimostra una lettera di Franco Sacchetti al capitano di Arezzo: «gli uomini che reggete furono sempre chiamati can botoli» (lettera del 15 febbraio 1386 a Rinaldo Gianfigliazzi, in Inglese ad l.) e come specifica la gran parte dei commentatori, i quali elencano anche i tratti che contraddistinguono questa specie di cani. Così nell'Ottimo si legge «Dice, che poi truova gli Aretini simili alli cani botoli, la cui propietade è d'abaiare; nulla altra proprietade hanno, sono piccoli, e di piccola forza, e di molto latrare»; in Francesco da Buti «perché botoli sono cani picculi da abbaiare più che da altro; e così dice che sono li Aretini, atti ad orgoglio più che a forze». Solo Iacomo della Lana attribuisce a questi cani una pericolosità dovuta alla rabbia, che però non è in linea con il senso del testo dantesco: «Poi descende ad Areço, li quai sono omini grepoli, ranghiosi tuto a modo de quella generazione de cani ch'èno appelladi botoli, o vero noti, li quai hàno tosegosa rabia e veneno».
Autore: Veronica Ricotta.
Data redazione: 01.02.2019.
Data ultima revisione: 20.12.2019.
1 [Zool.] Specie di cane di piccola taglia, tozzo e ringhioso (in contesto fig., con rif. agli Aretini).
[1] Purg. 14.46: Botoli trova poi, venendo giuso, / ringhiosi più che non chiede lor possa, / e da lor disdegnosa torce il muso.