Commedia |
balene Inf. 31.52 (:). |
Dal lat.
ballaena e
ballena (raramente
balaena), prob. da ricondurre al gr.
phál(l)aina (LEI s.v.
ballaena, 4, 784.47). Nella trad. lat. lo zoonimo non sempre identifica lo stesso animale; talora infatti può trovarsi impiegato per designare la foca, il delfino e persino la leggendaria pistrice (vd. ancora LEI s.v., 4, 790.14 e ssg.). Nei testi medievali la
balena è più spesso un imprecisato 'grosso pesce', e come tale il termine è glossato dagli esegeti danteschi (es. Guido da Pisa,
ad l.: «Balena vero est quidam piscis qui est ita magnus, quod montibus et insulis videtur equalis, qualis fuit cetus qui excepit Ionam...»; cfr. anche TLIO s.v.
balena). Nel poema, il cetaceo (assieme all'
elefante, vd.) è chiamato a esemplificare la mostruosa e possente mole di certe creature generate dalla Natura, solo in parte paragonabile a quella, dotata d'intelletto, degli «orribili giganti» (v. 44) che presidiano l'ultimo cerchio infernale.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 18.11.2020.
Data ultima revisione: 11.01.2021.