Vocabolario Dantesco
babbo s.m.
Commedia 1 (1 Inf.).
Commedia babbo Inf. 32.9 (:).
Voce del linguaggio infantile e familiare dal lat. parlato *babbus (DELI 2 s.v.), tipicamente toscana e att. (come antrop.) fin dal 1188 (GDT s.v.). Secondo De Vulg. 2.7.4, i sost. babbo e mamma (vd.) sono tra i «puerilia» che «propter sui simplicitatem» devono essere evitati nello stile sublime. Entrambi si ritrovano però nella Commedia, nel cui plurilinguismo sono del resto inclusi «inserti ancora più audaci di linguaggio infantile» (Manni, Dante, p. 111 nota 1): vd. anche pappo, dindi. Babbo ricorre solo in Inf. 32.9 come vocabolo emblematico di «una lingua infantile [[…]] carente di quella ricchezza lessicale che la vastità dell’argomento e le difficoltà espressive che esse comportano inevitabilmente richiedono» (Peirone, Parole, p. 45). Il sost. è ricordato tra le parole più semplici pronunciate dai bambini anche nella Santà del corpo di Zucchero Bencivenni (volgarizzamento del Régime du corps di Aldobrandino da Siena, a. 1310): vd. TLIO s.v. babbo. Nel Corpus OVI, mentre mamma (vd.) «è frequente in testi pratici, volgarizzamenti in prosa, poesia religiosa», babbo, «molto più raro, compare in poesia realistica e prosa» (Tavoni a De Vulg. 2.7.4). Sull’origine e la diffusione di babbo cfr. anche Accademia della Crusca, Consulenza linguistica, I nomi del padre, a cura di Matilde Paoli, 2013.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 10.10.2017.
Data ultima revisione: 16.05.2018.
1 Appellativo del padre nel linguaggio infantile e familiare.
[1] Inf. 32.9: ché non è impresa da pigliare a gabbo / discriver fondo a tutto l'universo, / né da lingua che chiami mamma o babbo.