Prima att.
Latinismo da
triformis 'di tre forme o aspetti' (DELI s.v.
triforme), con partic. rif. a divinità o a mostri della mitologia class. (cfr. OLD s.v.
triformis). Nel poema l'agg. ricorre due volte, non per alludere a figure mitologiche, ma per indicare la triplice natura di concetti astratti: nel primo caso con rif. all'amore del male altrui (
Purg. 17.124), «ch'è in tre specie diviso, cioè in superbia, invidia et ira» (
Francesco da Buti,
ad l.), nel secondo caso con rif. al prodotto della creazione divina (
Par. 29.28), ossia forme pure, materia pura ed enti in cui forma e materia sono congiunti (vv. 22-24, Inglese,
ad l.). Nel contesto del Paradiso,
Francesco da Buti abbina, banalizzando, l'agg.
triforme all'
aspetto dell'atto creativo. Dopo Dante, il cultismo occorre, oltre che nei commentatori
, in alcune opere boccacciane con allusione alla «deità» (es. «per la tua gran deitate triforme»
Teseida, L. 7, 80.3; «O deità sacra [...] per lo tuo santo e ineffabile nome triforme»
Ameto, cap. 44, 825.35; cfr.
Corpus OVI) e nel volgarizzamento (1384) di
Sinibaldo da Perugia, Fedra (rif. a Ecate, Gerione o Chimera; cfr.
Corpus DiVo), per poi continuare soprattutto in ambito mitologico (cfr. GDLI s.v.
triforme).
Autore: Francesca De Cianni.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 08.05.2022.