Commedia |
tigna Inf. 15.111, 22.93 (:). |
Grattare la tigna 1.
Il sost. è sinon. di
rogna (vd.) e ricorre due volte nella
Commedia, in entrambi i casi in uso traslato: in
Inf. 22.93
grattare la tigna vale infatti 'percuotere' (vd. sotto); in
Inf. 15.111, invece, Brunetto richiama con
tal tigna la colpa dei sodomiti (e in partic. di Andrea de' Mozzi, «colui... che dal servo de' servi / fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione»), che suscita ripugnanza (cfr., poco sopra, l'agg.
lerci del v. 108).
Locuz. e fras. Con
grattarmi la tigna Ciampolo allude ai tormenti che i diavoli gli infliggeranno coi denti, con le unghie e con gli uncini: cfr. Benvenuto da Imola «quasi dicat: timeo ne iste scalpat mihi caput cum dentibus, sicut alius scalpsit mihi ilium, alius brachium». Sulla locuz.
grattare la tigna, di cui non si hanno att. precedenti, è possibile che abbiano avuto influenza alcuni modi proverbiali associati al
grattare la rogna che circolavano già dal Duecento con diversi signif., tra i quali ‘cercare (-si) fastidi, offendere’ o ‘dolersi dei propri mali’: vd. la
Nota a
rogna. Il commento di Cristoforo Landino segnala la presenza nel fior. a lui contemporaneo di un prov. per cui «quando voglamo significare di battere uno diciamo io gli gratterò la tigna», ma è anche possibile che a quell’altezza cronologica sia stata la memoria del verso dantesco a favorire la circolazione dell'espressione. Per il parallelo tra i due passi in cui ricorrono
grattare la tigna e
grattare la rogna vd. De Robertis,
In viaggio coi Demòni, p. 28.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 25.07.2018.
Data ultima revisione: 28.02.2019.