Deriva dal
lat. succingere, col part. pass.
succinctus (DELI 2 s.v.), con mancata chiusura della protonica del pref. In
Inf. 31.86 Efialte è
soccinto in quanto legato da una catena che lo avvolge
dal collo in giù per cinque giri fino a bloccarne le braccia l’una di fronte e l’altra dietro la schiena (
soccinto, retto da
tenea ‘aveva’, è rif. a
l’altro e
il braccio destro con accordo dei due oggetti al sing.). Il signif. ‘legato, incantenato’ risulta chiaro dal contesto ed è rafforzato dal confronto con le fonti sul castigo dei Giganti, in partic. Luc.,
Phars., VI, 665 «vincti terga gigantes». Si può invece discutere del valore lessicale del pref.
sub-. Come osserva Consoli in ED, è da scartare la lettura di
soccinto ‘cinto sotto’ intendendosi «sotto la catena» (così Lombardi
ad l.). Più interessante risulta il confronto con il lat.
succingere, che nel suo primo signif. indica il cingere i fianchi con una cintura che accorcia le vesti passando sotto queste ultime e rialzandole dai piedi. Tale signif. si riscontra nella documentazione volg. più antica, dove
succingere e
succinto ricorrono spesso nei volgarizzamenti (in partic. nelle traduzioni da Ovidio), oppure in relazione a un’altra fortunata occorrenza del verbo lat., quella biblica di
Prv. 30.31 «gallus succinctus lumbos» ‘stretto nei fianchi’: cfr. TLIO s.vv.
succingere,
succinto (in corso di pubblicazione). Se confrontato con l’insieme di queste att., l’uso dantesco di
soccinto sembrerebbe dunque alludere non a un generico ‘incatenamento’, ma più precisamente alla stretta sui fianchi della catena di Efialte: verrebbe così ripresa in modo puntuale l'immagine del v. 61, dove la
ripa è il
perizoma (vd.), cioè la fascia che cinge i fianchi, ovvero il «subcinctorium» (Isidoro,
Etimol., XIX.22.5), di Nembrot. Nelle opere latine di Dante,
succingere ricorre proprio con il signif. originario di 'cingersi (legando la veste sui fianchi)' in «tunica succinxit se» di
Mon. 3.9.16.
Autore: Fiammetta Papi.
Data redazione: 19.06.2018.
Data ultima revisione: 19.06.2018.