Dal lat. parlato
*exquadrare, composto di
ex- e
quadrare 'ridurre a forma quadra', 'perfezionare' (vd. DELI 2, s.v.), il lemma ricorre nella
Commedia nell'unica serie rimica in
-adro di tutto il poema, nel celebre episodio di Vanni Fucci, con rif. al suo gesto di scherno rivolto a Dio (vd.
fica). In base alle att. del
Corpus OVI, nel Due-Trecento
squadrare è doc. in Toscana sia in testi matematici come puro tecnicismo geometrico (vd. Jacopo da Firenze,
Tractatus algorismi;
Libro di Ragioni), sia in altri testi dove al signif. di 'suddividere in quadrati', 'disporre ad angolo retto' (vd.
Fatti di Cesare; Giordano da Pisa,
Prediche; Fatti dei Romani; Bono Giamboni,
Vegezio), si associa quello più raro di 'osservare attentamente' (vd. Poes. an.
Nova danza;
Intelligenza; A. Pucci,
Centiloquio). Tra gli autori vicini a Dante è rilevante la presenza della forma
squadro (in rima con
ladro, come in
Inf. 25) nel sonetto di Cino da Pistoia inviato a Cavalcanti
Qua' son le cose vostre ch'io vi tolgo, v. 8, col signif. di 'squaderno', ovvero 'esibisco' (vd.
Cino da Pistoia (ed. Contini),
ad l.). Gli unici commentatori antichi che si soffermano sul vocabolo sono
Francesco da Buti,
ad l., il quale, interpretando il gesto delle fiche in maniera imprecisa, ipotizza una disposizione geometrica delle mani («dice
squadro, per ch'erano quattro e stavano in quadro»), e Giovanni da Serravalle, che traduce
squadro col lat.
porrigo ('protendo', 'distendo')
, rafforzando l'immagine del v. precedente («le mani alzò»). Tra gli esegeti moderni Lombardi,
ad l. commenta il verbo sulla base della lessicografia della Crusca, la quale attribuiva al lemma sia il signif. primario di 'aggiustar con la squadra', sia quello di 'squadernare', 'mostrare apertamente', corrispondente al lat.
exponere,
ostendere,
aperire (vd.
Crusca 3 e
Crusca 4). Lombardi chiosa l'occ. dantesca e ne conferma il primo signif., con rif. «allo quadrarsi che della mano si fa mentre si costringe in pugno per far le fiche», mentre, per spiegare il secondo valore semantico, interpreta erroneamente il verbo come una sincope di
squadernare (vd.). Il signif. del verbo a
Inf. 25 è stato ulteriormente precisato da Cesari,
Bellezze, II, p. 152 («
squadrare è
aggiustar colla squadra: e Dante l'aggiustò da par suo, facendol valere un
le aggiusto a te per l'appunto») e da altri commentatori (vd. ad es. Pietrobono,
ad. l., Mattalia
ad l. e Chiavacci Leonardi,
ad l.), per i quali il tecnicismo
squadrare passa, per estens., al signif. di 'misurare, aggiustare, assestare'. A
Inf. 25
squadrare è quindi termine polisemico che eccede dal suo signif. etimologico per assumerne uno estens., che, non senza alludere prob. a quadratura della mano chiusa a pugno, sarà quello di 'esibire, mostrare', ad indicare la precisione e la iattanza con la quale tale gesto violentemente sacrilego viene realizzato e sottoposto all'attenzione di Dio. L'uso dantesco del verbo, nella sua eccezionale espressività, viene recepito da
Cecco d'Ascoli, unico autore in cui ricorre la composizione
squadrare le fiche all'interno di un noto passo antidantesco dell'
Acerba, a fronte della più vulgata locuz.
fare le fiche (vd. TLIO, s.v.
fica)
.
Autore: Sara Ferrilli.
Data redazione: 26.07.2023.
Data ultima revisione: 31.07.2023.