Vocabolario Dantesco
serpentello s.m.
Commedia 2 (2 Inf.).
Commedia serpentelli Inf. 9.41; serpentello Inf. 25.83.
Prima att. Da serpente (vd.), con suff. dimin. -ello (cfr. Grossman-Rainer, La formazione delle parole, pp. 277-278), il sost. è att. per la prima volta nella Commedia in due occ. dell'Inferno: in Inf. 9.41 l'espressione serpentelli e ceraste descrive la capigliatura (vd. crine) delle Furie, formata sia da piccoli serpenti («quia subtiliores fraudes habebant in capite», Benvenuto da Imola ad l.) sia da altri spaventosi serpenti (vd. cerasta), secondo una rappresentazione che richiama motivi ovidiani («Deque suis atros pectebant crinibus angues», Met. IV 454) e staziani («centum illi stantes umbrabant ora cerastae, turba minax diri capitis», Theb. I 103-104) (cfr. ED s.v. serpe). Invece, in Inf. 25.83 il sost. ricorre nell'espressione serpentello acceso rif. a Francesco Cavalcanti nella settima bolgia dove sono puniti i ladri (vd. anche serpe e rel. Nota), e in partic. è stato notato che l'impiego del dimin. «diminuisce le forme del serpentello e ne acuisce, in una minuscola luce sinistra, la malizia» (Momigliano, ad l.).
Autore: Elena Felicani.
Data redazione: 26.04.2021.
Data ultima revisione: 22.12.2021.
1 Rettile di dimensioni ridotte.
[1] Inf. 9.41: tre furïe infernal di sangue tinte, / che membra feminine avieno e atto, / e con idre verdissime eran cinte; / serpentelli e ceraste avien per crine, / onde le fiere tempie erano avvinte.
[2] Inf. 25.83: Come 'l ramarro sotto la gran fersa / [...] sì pareva, venendo verso l'epe / de li altri due, un serpentello acceso, / livido e nero come gran di pepe...