Commedia |
serpi Inf. 13.39 (:), 24.94, 25.4. |
Dal lat.
serpens (DELI 2 s.v.
serpe), il sost. vale lo stesso che
serpente (vd.), abbondantemente att. nei testi delle Origini anche nella sua prevalente associazione al male (cfr. TLIO s.v.
serpe). Nella
Commedia le occ. sono tutte nella prima Cantica: nel celebre passo di
Inf. 13.39 Pier delle Vigne descrive la condizione dei suicidi, fatti
sterpi e trattati peggio che
serpi verso i quali «non s'usasse alcuna pietà» (Boccaccio,
ad l.). Più legata alla simbologia biblica è la rappresentazione delle
serpi nell'apparato punitivo della settima bolgia dove sono condannati i ladri: infatti, in
Inf. 24.94 i dannati per contrappasso hanno legate con
serpi le loro mani, le stesse che in vita ebbero troppo libere e sciolte senza rispettare né leggi divine né umane (come chiosa bene Scartazzini
ad l. «perché non se le lasciaron legare volontariamente dal precetto divino
Non furtum facies»). Infine, in occasione della prepotente apparizione di Vanni Fucci (
Inf. 25.4) si assiste a un ironico e paradossale rovesciamento del rapporto tra le serpi «quae naturaliter sunt inimicae homini» (Benvenuto da Imola,
ad l.) e Dante, che dall’avversione passa a considerarle amiche «in quanto assecondano il suo desiderio di vedere punito il sacrilego bestemmiatore» (Fosca,
ad l.).
Autore: Elena Felicani.
Data redazione: 30.04.2021.
Data ultima revisione: 22.12.2021.