Prima att.
Da
colorare (vd.) con
s- privativo (DELI s.v.
scolorare), il verbo di prima attestazione dantesca (GDLI s.v.
scolorare2) ricorre in due passi della
Commedia. In
Inf. 5.131 è rif. al colore del volto che diventa pallido: il pallore è uno dei primi sintomi dell'innamoramento, segno tipico dell’amore, diffuso in tutta la letteratura (cfr. Dante,
Vita Nuova XVI 4: «quando questa battaglia d'amore mi pugnava, io mi movea quasi discolora per tutto»), codificato già da Ovidio nell'
Ars amatoria I 727 («palleat omnis amans, hic est color aptus amanti») e da Andrea Cappellano nel
De Amore II VIII 46 («Omnis consuevit amans in coamantis aspectu pallescere») (cfr. insieme Chiavacci Leonardi,
ad l., e Bellomo,
ad l.). In
Purg. 23.50 il v. è rif. alla pelle del corpo che scolora per l’
asciutta scabbia (
Purg. 23.49; vd.
scabbia): a tale pena sono costretti Forese e gli altri golosi, la cui pelle per denutrizione e disidratazione ha perso il colore naturale, «perché la pelle morta e secca è scolorita, non essendo più irrorata dal sangue» (Chiavacci Leonardi,
ad l.). Nella chiosa di
Francesco da Buti a
Purg. 23.50,
scolorare è spiegato tautologicamente con
discolorare: «e perchè l'abstinenzia discolora e piaga lo corpo dice, che mi scolora la pelle; cioè la scabbia mi fa pallida e scolorita la pelle».