Commedia |
rubin Par. 30.66. |
Dal
lat. mediev. rubinus (DELI 2 s.v.
rubino). Per la visione di
Par. 30.61-68 vd.
Aen. 10.134: «qualis gemma micat fulvum quae dividit aurum» (cfr. anche Inglese
ad l.). Il vocabolo compare poi una seconda volta nella
Commedia nel dimin.
rubinetto (vd.). Come si evince dal
TLIO s.v.
rubino e dalle occ. ricavabili in particolare dal
corpus LirIO, il vocabolo è spesso utilizzato nel Duecento e nel Trecento come es. di pietra particolarmente pregiata, per riferirsi alle qualità della donna amata (questo specifico tipo di paragone col rubino è invece assente nelle rime amorose dantesche); nella
Commedia, invece, l'attributo del rubino cui si fa rif. è la calda luminosità di questa gemma: infatti «le stesse faville [...] poco più avanti (v. 76) sono chiamate
topazi, il che dimostra che a Dante non interessa la precisa tonalità cromatica quanto la luce calda, solare, trionfante di queste pietre» (ED s.v.
rubino).
Autore: Chiara Murru.
Data redazione: 02.09.2019.
Data ultima revisione: 20.12.2019.