Dal lat. 
quaterni 'a quattro a quattro' (con rif. alla legatura dei fogli), da 
quattuor 'quattro' (DELI 2 s.v. 
quaderno). Il termine è att. in volg. già nel 
Libro di conti fior. del 1211 nella forma 
quaderno, con sonorizzazione della dentale, nettamente prevalente rispetto a 
quaterno anche nei doc. tosc. (vd. 
TLIO s.v.). Opta per 
quaderno l'ed. Petrocchi, per entrambe le occ., benché l'alternativa latineggiante risulti ben rappresentata nella trad., specialmente a 
Par. 17.37 (cfr. ivi, 
ad l.), dove il sost. è in serie rimica con 
paterno ed 
etterno. In linea con Urb, l'ed. Sanguineti predilige invece la forma sorda (cfr. ivi, 
ad l.; cfr. anche 
squaterna a 
Par. 33.87). Il termine, senz'altro comune anche nell'it. antico, assume nel poema dantesco accezioni molto diverse. Nell'occ.  purgatoriale (§ 
1), esso ricorre assieme a 
doga (vd.) per alludere, in modo estremamente sintetico, a due episodi di frode molto noti alle cronache fior. del tempo. Più in partic., 
quaderno ricorda la manomissione del libro degli atti notarili del Comune da parte del priore Nicola Acciauoli (cfr. 
ED s.v.). È invece più complessa e tutt'altro che concreta la lettura dell'occ. paradisiaca (§ 
2) che, sulla scorta di quel 
symbolisme du livre che sostanzia tante immagini care alla poesia dantesca, assegna all'intera immagine un valore potentemente metaforico, denso di implicazioni filosofiche e teologiche (cfr. Curtius, 
Il libro come simbolo; Battistini,
 L’universo che si squaderna). Nelle parole dell'avo Cacciaguida, il «quaderno de la vostra matera» raffigura il mondo degli uomini, fatto di cose contingenti, «possibili ma non necessarie», che «si completa e prende ragione» soltanto nel 
volume (vd.), «simbolo dell'eterna presenza di Dio» (Montuori, 
Per un accessus 
lessicale, p. 662). In forza del suo etimo, inoltre, è possibile leggere nel 
quaderno dantesco anche un rif. puntuale ai quattro elementi che, nella cosmologia di matrice aristotelica, compongono la materia terrestre (cioè fuoco, aria, acqua e terra; cfr. Lia, 
Io vidi che s'interna, p. 38).