Inf. 7.60: impulcro Pa, pulcro Ash Cha Eg La Lau Laur Lo Mad Pr Ricc Rb Triv Tz Vat - Lanza, Sang, Tonello-Trovato, ripulcro Po.
Att. solo nella
Commedia e cit. nei commentatori. Formazione parasintetica di prob.
matrice dantesca sul latinismo
pulcro (vd.), agg. con cui il verbo è in rima. All'origine del conio potrebbero essere proprio le partic. esigenze di suono della terzina, vincolata a una difficile sequenza introdotta da
sepulcro (v. 56). Il parasinteto, che si allinea a composizioni deaggettivali simili (del tipo
bello >
abbellire), può aver avuto a modello anche formazioni lat. analoghe, come
pulchrescere o
pulchrificare (cfr. Di Pretoro,
Innovazioni lessicali, p. 9). Sul piano semantico, il nucleo aggettivale assegna ad
appulcrare il senso di ‘rendere bello, ornare’; così «parole non ci appulcro» vale, come chiosa
Francesco da Buti, «non ci abbellisco parole» (
ad l.), cioè ‘non ci spenderò belle parole (per descriverla)’ perché la miseria di tali dannati è evidente di per sé.
Varianti. La var.
pulcro, att. dalla più parte dei testimoni recensiti da Petrocchi, è annotata in margine anche nell'Ed. Crusca, che tuttavia accoglie
appulcro. Leggono «non ci pulcro» anche le edd. Lanza, Sanguineti e Tonello-Trovato. Meno fortunate risultano le var. con pref. alternativo, cioè
ripulcro, lez. individuale di Po, e
impulcro di Pa. Quest'ultima non resta isolata, ma riaffiora nel commento dell'
Anonimo fiorentino (fine sec. XIV), che ne sottolinea la novità: «
inpulcro è verbo innovato, et declinasi pulcro pulcras». La stessa var. arriva a insinuarsi in un circuito lessicale esterno alla
Commedia, benché da essa dipendente, come dimostra il recupero del verbo nella
Leandreride di Nadal («e Drudo da Ravenna co 'l dir pulcro, / Antonio Fabio Fastulo cum Guido / de Roncofreddo, de' quai dir me impulcro»; cfr.
Corpus OVI). Cfr. Fanini,
Il ruolo della variante, i.c.s.
Autore: Barbara Fanini.
Data redazione: 31.05.2017.
Data ultima revisione: 29.04.2019.