Nel poema il lessema non occorre mai nel senso proprio di stagione astronomica o climatica, cioè indicante una partizione dell'anno (per cui invece confronta
Conv. 4.2.7 e 4.23.14 e vd.
stagione e
inverno), ma come estens. del signif. proprio, con rif. alla perpetuamente dolce e prospera condizione del paradiso terrestre (per le suggestioni classiche in chiave cristiana cfr. ED s.v.
primavera). Nel contesto in questione (
Purg. 28.143), inoltre, come suggerito in ED s.v.
Paradiso terrestre, si potrebbe intravedere il senso fig. di 'età dell'innocenza' basato sull'usata metafora che vuole
la primavera paragonabile alla prima età della vita dell'uomo (cfr.
Conv. 4.23.13: «La prima è Adolescenza, che s'apropia al caldo e all'umido; la seconda si è Gioventute, che s'apropia al caldo e al secco; la terza si è Senettute, che s'apropia al freddo e al secco; la quarta si è Senio, che s’appropria al freddo e all’umido, secondo che nel quarto della Metaura scrive Alberto»). A
Purg. 28.51, il richiamo ovidiano del passo («cum legeret vernos Proserpina flores» ‘quando Proserpina coglieva i fiori di primavera’, Ovidio,
Met., V, 554) ha indotto i commentatori a interpretare tale occ. con rif. ai soli fiori raccolti da Proserpina al momento del ratto, anche se
Francesco da Buti chiosa «lo prato e la verdura ne la quale ella era a cogliere li fiori», corrispondente al signif. di
Par. 30.63 (§
1.1). Per quest'ultima occ., inoltre, è possibile anche l'interpretazione in senso traslato suggerita da Benvenuto da Imola: «
intra duo rive dipinte di mirabil primavera [[...]] quasi dicat, florentissimis spiritibus beatorum» (per cui cfr.
Par. 28.116 sotto §
2). Il proverbio cit. a
Conv. 1.9.9, unica att. volgare antica (cfr. DELI 2 s.v. e
Corpus TLIO) è traduzione di «una hirundo non facit ver», citazione da Aristotele,
Eth., 1, 7, 1098a.18-9.
Autore: Francesca De Blasi; Luca Morlino.
Data redazione: 31.01.2019.
Data ultima revisione: 25.07.2019.